Che fine ha fatto la letteratura nella scuola?

Non è facile suscitare interesse per la letteratura negli studenti dei giorni nostri. E’ ormai una vera e propria sfida quella che è lanciata alla scuola dal complicato contesto socio-culturale in cui si svolge oggi l’iter formativo giovanile. I ragazzi e i giovani, massicciamente influenzati dalle molteplici ed avvincenti sollecitazioni offerte loro sia dal web che dal ricco mondo televisivo odierno, sono indotti, da un lato, a modellare la propria capacità ricettiva secondo le specifiche modalità di tali mezzi comunicativi e ad adeguare sempre più, dall’altro, il proprio gusto ai prodotti-trash dell’una e dell’altra fonte mass-mediatica.

Ma è proprio in questo contesto che risulta ancor più indispensabile la letteratura, considerato che forse è l’unica a poter edificare quel tessuto valoriale e culturale, andato disperso e alla cui mancanza, secondo U. Galimberti, è da attribuirsi la sempre maggiore diffusione del nichilismo e del profondo disagio dei nostri giovani. Altissima  è, come è noto, la valenza educativa che da sempre è universalmente riconosciuta alla letteratura, in quanto capace, più di ogni altra disciplina scolastica, di offrire al discente modelli di riferimento, utili per la costruzione della sua identità, di affinare la sua dimensione affettiva, di arricchire il suo bagaglio culturale e di debellare, attraverso il potenziamento delle competenze linguistiche, quella povertà e quell’omologazione che, a livello espressivo, trovano sempre più larga diffusione tra le nuove generazioni.

La letteratura, tuttavia, diviene una risorsa, solo se si sa come adeguatamente sfruttarla. Le sue grandi potenzialità educative rischiano, infatti, di essere vanificate o di essere fortemente ridotte da pratiche didattiche del tutto inadeguate o comunque poco rispondenti ai bisogni delle odierne tipologie giovanili e ai radicali cambiamenti culturali intervenuti negli ultimi decenni. E una delle pratiche didattiche più deteriori è illudersi di “fare un Autore”, limitandosi o a riassumerne i tratti storico-biografici, così come questi risultano presentati dal manuale (con gli occhi impudicamente puntati sulle pagine dello stesso) o ad effettuare una delineazione sommaria ed estremamente astratta della produzione artistica dell’Autore in esame, ovvero del tutto sganciata dall’analisi dei testi. L’affidarsi interamente al manuale, ovvero al cosiddetto “libro di testo”, ovvero ridurre la lezione alla lettura dello stesso in classe, oltre ad appannare irrimediabilmente agli occhi degli allievi la figura del docente, destituendolo di fatto della conoscenza di un sia pur minimo bagaglio letterario e di ogni creatività progettuale, finisce con l’impedire quell’importante adeguamento della proposta didattica alla fisionomia e alle specifiche esigenze della classe, così indispensabile per la riuscita del lavoro scolastico.

Se il compito del docente si riduce alla scelta dei capitoli e dei relativi paragrafi  del manuale che debbono essere letti o riassunti in classe; e se lo stesso non risulta in grado di affiancare all’insieme degli apparati critico-bibliografici, alle analisi e alle “presentazioni” forniti dal manuale un proprio sapere che possa non semplicemente integrarsi, ma eventualmente ridefinire, in ogni suo più rilevante aspetto, lo svolgimento della trattazione di un Autore, c’è da ritenere che la funzione del docente d’Italiano sia  ormai completamente nulla.

Che dire poi di coloro che restringono l’esame di un intero Autore nel corso di una o due ore, o di chi si limita sbrigativamente ad assegnare ai ragazzi decine e decine di pagine del manuale, a sé attribuendo il modestissimo compito di accertare che le stesse siano state più o meno comprese ed assimilate?  Nel leggere in classe il manuale, lo stesso tipo di docente si limita a fornire qualche spiegazione, non già sull’Autore, ma sulle espressioni che supponga non facilmente decifrabili autonomamente da parte degli studenti. In qualche caso, lo stesso arriva a consigliare ai ragazzi i passi del testo da sottolineare. E’ in fondo con questi comportamenti che si finisce per perpetuare nell’immaginario collettivo l’idea che quella del docente di lettere sia una delle figure professionalmente più inconsistente, ovvero dotata di una preparazione priva di alcun fondamento.

Va da sé che pratiche di questo tipo inevitabilmente sortiscono effetti massimamente negativi: altro che amore per la letteratura! Lo studente è portato piuttosto a sviluppare un atteggiamento di rifiuto bell’e buono della letteratura e ad avvertire legittimamente, durante la lezione, una noia mortale. A dispetto di quanti si ostinano a credere che si tratti di pratiche ormai obsolete e definitivamente dismesse, da più studenti sono fornite testimonianze di segno contrario.

Il primo obiettivo che il docente di letteratura dovrebbe prefiggersi è quello di fare innamorare il giovane dell’Autore via via proposto e, di riflesso, del mondo letterario nel suo complesso. Mentre l’obiettivo di fondo resta quello di formare lettori consapevoli e competenti, capaci di affrontare i testi in maniera intelligente e sensibile e, soprattutto, di aprire i loro orizzonti di pensiero e di cultura, così che sappiano adoperare quell’indipendenza di giudizio, più che mai necessaria in un tempo come il nostro, dominato dalla massificazione e dal conformismo. Non si tratta certo di trasformare i discenti in critici letterari; il lavoro sul testo letterario serve piuttosto a formare lettori capaci di accostarsi a qualsiasi tipo di testo con intelligenza e sensibilità e di trarre dagli stessi il massimo del profitto.

La revisione complessiva della didattica letteraria comporta la necessità di cambiare il modello di trattazione dell’Autore, operando, oltre che nel senso dello snellimento, come è suggerito dalla –  ahimè presto accantonata! – “didattica breve”, nella direzione di liberare l’insegnamento della letteratura dall’astrattismo e dall’anarchismo teorico, da cui tuttora risulta affetto. C’è bisogno per questo di svolgere di continuo attività di lavoro sulle opere, ovvero sulle parti più attraenti delle stesse, per accostare alle quali lo studente odierno bisognerebbe – perché no! – utilizzare le tecniche messe in atto dal mezzo e dal codice televisivo.

La scelta del testo rappresenta, come è noto, un’operazione difficile e delicata, che il docente deve saper calibrare sullo sviluppo cognitivo e sulla maturazione psicologica dei discenti. A questi ultimi la moderna didattica letteraria assegna un ruolo attivo e centrale per quanto riguarda l’elaborazione dell’analisi e dell’interpretazione: essi, infatti, opportunamente stimolati, dovranno mostrare di essere sempre più capaci d’individuare le parole chiave, le simbologie e le strutture significative del testo preso in esame.  Se il compito della scuola   – di ogni ordine e grado –  non è quello di trasmettere una cultura “finita”, ma tendere verso una formazione aperta ad acquisizioni successive, la finalità fondamentale dell’odierna didattica letteraria sarà quella di apprendere a svolgere operazioni sui testi e d’impossessarsi di un metodo di analisi e di strumenti utili all’esercizio dell’abilità di lettura. In altre parole, il docente non dovrà limitarsi a trasmettere saperi già belli e confezionati o imporre agli studenti la propria personale interpretazione del testo, del tutto implicita sia per quanto attiene alle motivazioni critiche che ai criteri metodologici ad essa sottesi; dovrà piuttosto sollecitare i discenti ad osservare, porsi domande, a formulare ipotesi, giudizi, e a motivarli e a confrontarli con quelli dei compagni. Tale funzione di guida permetterà di rendere fruttuose le intuizioni critiche dei discenti e di ordinarle in un’efficace e produttiva sintesi. Ma dall’assolvimento di una così ricca e stimolante funzione trarrà pure vantaggio la professionalità del docente, il quale non si vedrà più ridotto a trasmettere un sapere senza utilità e senza durata.

In più di un caso, occorre volgersi verso il superamento dei canoni tradizionali che hanno fino ad oggi orientato la scelta dei testi, nel senso che quelli forniti dalle pur ricche antologie odierne raramente sono tali da soddisfare a pieno le esigenze del docente. Questi è indotto, pertanto, a sopperire di propria iniziativa a tale inadeguatezza. Ma perché ciò sia possibile, lo stesso deve seguitare, nel corso della sua ininterrotta formazione, a leggere le opere degli Autori, possibilmente in versione integrale e, perché no!, i saggi critici che irrinunciabilmente si debbono associare alla conoscenza di ciascun Autore.   Nel qual caso, potrà capitargli di constatare, con enorme sorpresa, che in modo del tutto ingiustificato nei manuali che tuttora circolano nelle scuole non sono stati antologizzati brani che più di altri si prestano allo scopo di colpire la sensibilità delle ultime generazioni. Ragion per cui sarebbe opportuno nell’era internettiana abolire completamente, e non solo parzialmente, come si è cominciato a fare da qualche tempo a questa parte, le antologie cartacee per sostituirle con quelle digitali, di volta in volta liberamente compilate dal docente, il solo capace di adattare le letture antologiche sia alle singole unità didattiche dello specifico progetto didattico-educativo, sia alle caratteristiche culturali della classe cui il medesimo è indirizzato.

Se un’opportunità è da adottarsi senza alcuna esitazione nei confronti degli odierni discenti, questa consiste nell’essere molto attenti nella costruzione dell’itinerario analitico ed alquanto selettivi nell’individuazione delle attenzioni da dedicarsi a questo o quel testo letterario, a questo o a quel tema, ecc.. Lo sappiamo: è quanto mai irresistibile la tentazione di dilatare quanto più possibile l’esame intorno ad un Autore, riferendo allo studente tutto quanto è di propria conoscenza relativamente all’argomento affrontato. Ma ciò – ove venisse sistematicamente attuato – si rivelerebbe foriero di conseguenze funeste sotto il profilo didattico-educativo, che non è il caso di enumerare qui.

Un’altra attenzione, da cui discende l’efficacia non solo del lavoro svolto intorno alla letteratura, ma di ogni lavoro scolastico, va riservata al problema della comunicazione, nel senso che occorre puntare su un linguaggio il più possibile chiaro, lineare e sobrio, senza per questo temere di adoperare espressioni di tono più elevato o di sapore tecnico. Non va dimenticato, a tal proposito, che lo studente normalmente tende a modellare il proprio linguaggio su quello del docente, per cui, a lungo andare, fa suoi i modi di dire e le parole di questi. Con i discenti più giovani e culturalmente meno attrezzati o alle prese con i loro primi approcci al mondo letterario è opportuno ovviamente ridurre al minimo indispensabile il ricorso a termini tecnici e/o nozioni complicate o complesse, che potrebbero incidere negativamente sul loro interesse e sulla loro motivazione. E, d’altra parte, insistere ripetutamente su un concetto, girargli intorno con le stesse parole, oltre che estremamente demotivante, è cosa che finisce per stancare anche lo studente infinitamente paziente.

Uno strumento che si è rivelato alla prova dei fatti alquanto prezioso è la lavagna luminosa, la quale tuttavia non va adoperata per riassumere, a volte in forme ancor più enigmatiche, le parti di quella che dovrebbe essere la lezione del giorno, ma per rendere quanto più efficaci e suggestive le cosiddette “analisi guidate”. Come ho potuto constatare in tanti anni di lavoro, è attraverso la lavagna luminosa che si assicura il massimo dell’evidenza agli aspetti più diversi del testo letterario e che si consente di applicare in modo del tutto agevole e naturale il principio dell’attivismo.

Nel tentativo di offrire ai ragazzi un primo quadro essenziale intorno alla personalità di un Autore e alla sua evoluzione artistico-letteraria, bisognerebbe non affidarsi ad una riassunzione acritica e dettagliata di tutta la sua vicenda biografica, come per lo più si è portati a fare seguendo l’impostazione dei manuali scolastici in circolazione, quanto invece incentrare l’attenzione solo sulle esperienze che hanno inciso profondamente sulla sua formazione umana, culturale ed artistica. E, a ben riflettere, non c’è Autore sul quale non si possa effettuare quanto qui suggerito. E sarebbe opportuno che, anche nel trattare un aspetto importante come questo, ci si servisse di documenti, costituiti, ad esempio, o da lettere tratte dall’epistolario dell’Autore in esame o da testimonianze scritte di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscere direttamente lo stesso. Ciò che è da riferirsi intorno al testo occorre possibilmente dedurlo sempre dal testo stesso: qualunque nozione o giudizio deve cioè trovare riscontro nel testo. Non ha senso alcuno accettare acriticamente affermazioni o pareri privi di supporto testuale, come era proprio della tradizionale didattica della letteratura, in cui ogni acquisizione passava attraverso il cosiddetto “manuale di storia letteraria” e le opere venivano rapportate agli autori e questi alla corrente o al secolo di appartenenza.

Un’altra grande risorsa che ben si adatta alla scuola dei giorni nostri è costituita dall’impostazione didattica modulare, che permette, oltre che di salvaguardare la centralità dei testi, di focalizzare l’attenzione ora su un’opera, ora su un genere letterario, ora su un tema, ecc. e di basare l’insegnamento letterario sul  procedimento della comparazione appunto di un testo all’altro, la quale si rivela efficace sia sotto il profilo della maturazione critico-cognitiva, sia in relazione allo sviluppo dell’autonomia di giudizio. Confrontare un testo con un altro è attività nella quale risulta implicata la tecnica del “problem solving”, dal momento che occorre individuare che cosa c’è di comune o di diverso nei testi messi a confronto e spiegare il “perché” di tante analogie e differenze. L’acquisizione a cui si perviene in questo modo, essendo il frutto di conquista personale, non solo non cade nel dimenticatoio, ma si trasforma in sapere spendibile nelle future occasioni di apprendimento.

La lunga esperienza fin qui raccolta mi ha permesso di constatare che, quando l’itinerario didattico svolto intorno ad un Autore o ad un’opera risulta davvero efficace, l’interesse degli studenti è tale, che un’ampia parte di essi avverte in modo del tutto naturale il bisogno di leggere anche per suo conto l’Autore studiato, ovvero qualcuna delle sue opere più rappresentative; il che dà modo al docente di comprendere che egli, attraverso il proprio lavoro, è riuscito a vincere la sfida a cui mi sono riferito all’inizio dell’ampia ed articolata riflessione qui sviluppata.

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