Quale futuro per l’Unione Europea

    La partita in gioco nelle Elezioni europee del 2024 sarà quella tra sovranisti ed europeisti. In ballo c’è il destino dell’Europa che, a tanti anni di distanza dalla sua fondazione, non è riuscita ancora a portare a compimento il processo federativo, restando a tutt’oggi priva di tasselli importanti, come quelli di un esercito sovranazionale e di un unico ministero delle finanze e della politica estera.

   A mettere negli ultimi anni a nudo la precarietà dell’istituzione europea è il modo in cui la stessa risulta percepita dalla maggior parte delle sue popolazioni, le quali continuano a considerarla come un’entità astratta, del tutto indifferente alle loro sorti e capace solo di stabilire limiti rigorosi in termini di deficit e debito/PIL e di attuare politiche impopolari, tese all’austerity e al mero aggiustamento dei conti.

    Dopo il lungo periodo di storia unitaria, fin qui trascorso, è più che legittimo domandarsi se quel “sentimento popolare europeo”, auspicato dal Manifesto di Ventotene, si sia, in qualche misura, sviluppato, considerato che l’Unione è venuta a formarsi senza il diretto coinvolgimento dei cittadini. Di questo sentimento oggi ci sarebbe tanto bisogno,  per infondere un minimo di fiducia nell’istituzione europea.

   Che, nel periodo iniziale della sua storia, enormi difficoltà siano state frapposte nei confronti dell’Unione Europea, sia da parte del tradizionale ceto politico, che dei popoli delle sue nazioni, è più che comprensibile, dal momento che i politici di quell’epoca erano portati “a considerare i problemi della convivenza internazionale in funzione della propria potenza nazionale”, e dato che una coscienza comunitaria nello stesso periodo appariva ancora tutt’altro che formata, dopo secoli e secoli di divisioni e di disastrose guerre tra una nazione e l’altra dell’Europa.

    Occorre, semmai, domandarsi perché, anche ai giorni nostri, la nascita dell’Unione Europea non venga ricollegata ai nobili propositi dei suoi emeriti fondatori, quanto piuttosto ad un fine tanto concreto, come quello di dare all’economia un’impronta più diffusamente neoliberistica. Non si potrebbe altrimenti spiegare il motivo per cui il processo federativo europeo si sia interrotto e ci si sia limitati solo al varo di alcuni semplici Trattati e alla stipulazione di accordi di natura prettamente economico-finanziaria.

   Ma la vera spina nel fianco dell’Unione Europea resta, pur dopo tanti anni, quella rappresentata dagli incessanti flussi migratori che, da fenomeno transitorio e momentaneo, qual era apparso agli inizi, sembra possa durare ancora chissà quanti altri anni. L’atteggiamento euroscettico trae la sua naturale linfa, da un lato, dal rifiuto dell’accoglienza dei migranti da parte di un considerevole numero di Paesi europei e, dall’altro, dalla preoccupazione per gli effetti della perdurante crisi economico-finanziaria in atto, che va ascritta al pericoloso conflitto russo-ucraino, il quale, oltre a cambiare profondamente gli assetti geo-politici del vecchio continente, sembra non andare incontro ad una fine imminente.

  L’euroscetticismo, di cui tanto si parla, è il frutto proprio di questo reiterato fallimento della gestione dei flussi migratori che, come si può notare in questi giorni, non poco concorre a sfaldare lo spirito unitario europeo e a riaccendere le bieche rivalità e gli antichi egoismi nazionali, che sembravano ormai definitivamente sopiti.

   L’inquietante verità è che le migrazioni che interessano, già da diversi decenni, la quasi totalità del pianeta costituiscono una delle caratteristiche fondamentali della cosiddetta epoca della globalizzazione. Altrettanto inquietante risulta il fatto che non sia stata, a tutt’oggi, trovata alcuna efficace soluzione per fermare dette migrazioni, essendo le stesse legate, da un lato, al continuo diffondersi delle comunicazioni a livello intercontinentale e, dall’altro, alle enormi diseguaglianze socio-economiche, che spingono tante persone a cercare altrove condizioni di vita migliori.

   Per quanto riguarda il caso specifico europeo, va da sé che né l’Unione Europea, né tantomeno alcun suo singolo Stato, sa come far fronte al complesso fenomeno dei flussi migratori, il quale, com’è noto, trae origine da fattori socio-politici, demografici, economici e, persino, climatici.

    Una soluzione, comunque, ci sarebbe, ma è una di quelle soluzioni che, per poter essere attuate, bisognerebbe credere nelle utopie e nelle favole. Basterebbe che tutti i Paesi cosiddetti sviluppati del mondo accorressero al capezzale del continente africano, da tempo gravemente ammalato, per prestargli un aiuto assolutamente disinteressato e volto a liberarlo dalle dittature, dalle molteplici contraddizioni e delle enormi piaghe sociali ed economiche, da cui risulta afflitto da sempre, proprio per l’egoismo e le innumerevoli responsabilità dei Paesi ricchi.

    Se ciò accadesse, che motivo avrebbero gli africani, o i cittadini delle altre aree sottosviluppate del pianeta e da sempre afflitte da conflitti e da miseria, per lasciare le proprie case ed espatriare!?

  Negli ultimi decenni, sta piuttosto accadendo semmai il contrario, visto che, soprattutto, la Francia, la Cina e la Russia si sono lanciate a depredare le grandi risorse minerarie dell’enorme continente africano, ponendosi nel contempo alla ricerca di nuove e più ampie fette di mercato per le proprie voraci industrie.

   Da quanto tempo, poi, ci si va lamentando dell’impotenza quasi assoluta e dell’inutilità politica ed operativa di un organismo internazionale come l’O.N.U, che per un così importante scopo umanitario, come quello qui delineato, potrebbe svolgere un’insostituibile ed efficacissima funzione, se solo ci fosse la volontà reale, da parte della maggioranza dei suoi Paesi membri, di attuare una profonda e radicale riforma dello stesso, per adeguarlo alle gravi difficoltà e alle grandi sfide planetarie, che niente hanno a che vedere con quelle da cui fu originariamente ispirata la sua nascita all’indomani della fine della seconda guerra mondiale.

     Tornando alla questione da cui abbiamo preso le mosse, sarebbe certamente un fatto gravissimo, se il processo federativo europeo non venisse più attivato e se le lancette della storia dovessero essere spostare indietro di secoli, così facendo definitivamente disperdere il grande patrimonio etico e ideale lasciato alle generazioni future dai fondatori dell’Unione Europea.

    La si potrà anche considerare una magra consolazione, ma quest’Europa, pur con tutti i suoi difetti, è riuscita ad assicurare alle sue popolazioni, se non il grande progresso sociale ed economico che si era tanto sperato, quantomeno un lungo periodo di pace. L’unica eccezione in tal senso è costituita dal recente conflitto russo-ucraino, che tuttavia non riguarda Paesi appartenenti all’Unione Europea.

1 Commento

  1. L’Europa non è mai esistita in realtà, è soltanto il confine orientale dell’impero statunitense, divisa tra insormontabili interessi nazionali. Non dimentichiamoci della vergognosa guerra serbo kosovara e delle bombe di Baffino.

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