Lettera VII di Toto Carnuccio

Mio caro Franco, se muoio prima io… Comincio con la morte, che è sempre il miglior modo per celebrare la vita. Grazie per la tua delicatezza d’animo che in questi anni difficili mi è stata generosamente a fianco.

Ci sono momenti nella nostra esistenza in cui la vita sembra ritirarsi da noi per abitare altri spazi, altri luoghi. Ma tu mi hai insegnato che la speranza ha lunghe tenaci radici nella “resistenza” dell’uomo. Grazie per avermi aiutato a resistere.

Hai sempre spernacchiato il gaudio degli uomini col pennacchio e il giubilo esoso dei ricettatori di ipocrisia. Grazie per questo tuo encomiabile azzardo.

Grazie per aver intensificato il nostro rapporto, anche quello basato sul nostro rispettivo lavoro nella letteratura, sul nostro amore per la parola, e per quella purezza che troviamo nella scrittura.

Grazie per la tua umiltà che, come sempre accade, è anche consapevolezza del tuo valore.

Grazie per avermi sempre fatto anticipatamente partecipe dei tuoi scritti, oggettivamente impeccabili, ma di cui non eri mai soddisfatto e fremevi nell’attesa di un mio modestissimo parere e, ricevutolo, ti addolcivi.

Grazie per la benigna gravità con cui consideravi i miei scritti.

Grazie per la benevolente e concentratissima attenzione con cui consideravi ogni mia singola parola. Le mie parole si portano dietro adesso quel tuo rispetto intriso di penetrante intelligenza; le mie parole adesso fanno attenzione a essere il più possibile precise.

Grazie per l’ironia su te stesso, su quel tuo spazientito non riuscire a prenderti davvero sul serio.

Grazie del tuo sguardo su di me, lo percepivo come un rassicurante recinto di affetto.

Grazie per non avermi mai parlato male di nessuno, grazie per non aver mai oltrepassato la soglia di qualche svolazzante e ironica allusione a questa o quella meschineria nei tuoi confronti.

Grazie per il sostegno in questi sette anni della mia vita nei quali sono crollati argini e sono apparse inattese lande. Mi rendevo conto della forza che mi dava la tua presenza lontana.

Grazie per avermi sempre tenuto al corrente delle tue numerose relazioni, e avermi raccomandato di conoscere, e che poi ho conosciuto, tre tuoi amici, persone speciali.

Grazie per i frutti della tua insaziabile curiosità intellettuale.

Grazie per la tua giovialità appena marezzata di mestizia per qualche incomprensione nei tuoi confronti, ma il tempo di un giro con lo sguardo all’orizzonte e rientravi nel tuo azzurro interiore.

Grazie per la benedizione della tua voce che ascoltavo al telefono ogni mattina e ogni pomeriggio e che mi suscitava condiscendente tenerezza. Grazie per questa tua prossimità distante.

Grazie alla tua piena disponibilità all’ascolto, alla tua pratica euristica del dubbio.

Grazie alla tua avversione al Capitalismo che, oltre alle merci e agli oggetti, vorrebbe produrre rapporti umani, le merci più prelibate di questo sistema economico disumano. Con noi non ci è riuscito.

Grazie per quel senso di pienezza e di gioia che danno le cose belle e senza macchia. Mi trascinerò dietro ovunque quest’ombra fresca e benefica.

Evviva, infine, la tua sensibilità temeraria al fascino femminile: Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira,/ che fa tremar di chiaritate l’are…

Ti abbraccio forte forte. Monterotondo, 23 maggio 2020, ore 01,11.

 

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*