“Cicerone e le donne della sua epoca” di Franco Di Bella

Luigi Bazzani A Pompeian Interior, 1882 Oil on panel 28 3/4 x 22 inches © Dahesh Museum of Art, 1996.24

            Nel suo ultimo volume, pubblicato in questi giorni  dalla CSA Editrice, Franco Di Bella ha centrato contemporaneamente due importanti obiettivi: ha, da un lato, approfondito ancor più la tematica delle antiche donne romane, alla quale aveva dedicato la maggior parte dei lavori precedenti, incentrando, dall’altro, l’attenzione su Cicerone, senz’altro l’autore più canonico della letteratura latina e quello che sull’argomento ha fornito una ricchezza di dati, considerazioni e informazioni che non ha eguali in nessun altro storico del mondo latino. Si deve, infatti, al grande scrittore arpinate il fatto di poter tracciare una storia della donna dell’età repubblicana e di cogliere la posizione occupata dalla stessa nella famiglia e nella società.

      Anzi, rispetto alle sue precedenti opere relative alle donne romane, quest’ultima  presenta un taglio ancor più spiccatamente giuridico, dal momento che Di Bella, non tralasciando alcun aspetto di detto settore, si occupa delle fonti legali del reddito, delle questioni patrimoniali, delle doti, dei lasciti, dei contenziosi testamentari e delle capacità imprenditoriali della donna, oltre che della condizione d’inferiorità da essa vissuta in seno all’organismo familiare e, più in generale, all’interno della società civile e di quella politica.

      Ma l’opera di Di Bella è volta a considerare, oltre che gli aspetti di natura giuridica, anche quelli che possiedono rilevanza dal punto di vista sociologico, antropologico e culturale, quali il costume, le tradizioni,  le usanze e i più importanti cambiamenti che, in ordine agli stessi, è dato cogliere nelle vicende della movimentata epoca ciceroniana.

    Uno dei pregi del volume in questione è costituito proprio dal fatto che in esso vengono, in modo del tutto naturale, ad intrecciarsi più settori disciplinari, apparentemente distanti fra loro, come la Storia, la Letteratura e il Diritto, grazie al cui prezioso apporto la figura della donna risulta tratteggiata a tutto tondo e colta in ogni sua sfaccettatura. Si passa così dai quadri femminili contrassegnati dall’esemplarità e dall’eroismo, come quello di Cornelia, madre dei Gracchi, o di Cecilia Metella, così assennata e pronta nella difesa degli interessi familiari, alle donne-mostro, come vengono definite dall’Autore: la matriarca degenere Sassia, la nobildonna perversa Clodia, la moglie prevaricatrice Fulvia e Servilia.

     La caratteristica,  propria della ricerca storica di Di Bella e che in quest’opera risalta con maggiore evidenza, è costituita dal fatto che ciascun aspetto, sia di natura giuridica che sociologica, viene esemplificato attraverso la  vicenda,  ovvero il “caso”, di uno specifico personaggio femminile. La casistica a cui  – grazie alla sua accurata conoscenza del mondo femminile romano  –  Di Bella dà vita, nel tratteggiare le donne più rappresentative dell’aspetto preso in considerazione, contribuisce sia ad impreziosire ancor più la sua opera, oltre che a renderne più agevole e piacevole la lettura e a soddisfare, nel contempo, la curiosità dl lettore.

       Essendo le principali fonti storiche delle caratterizzazioni femminili costituite dalle Lettere di Cicerone, se ne deduce che il periodo preso in esame risulta quello del primo secolo a. C., il quale, com’è noto, è tra i più drammatici e tormentati della storia di Roma, oltre che il più significativo e ricco di cambiamenti in rapporto al costume, alle leggi e allo stesso assetto politico-istituzionale dello Stato romano.

      Alquanto interessante risulta il capitolo dedicato al rapporto tra le donne e la politica, che è ben sintetizzato attraverso la seguente affermazione: “la donna era esclusa dai diritti politici attivi e passivi, ma le svolte politiche fondamentali della storia romana l’hanno sempre vista in primo piano”. Non meno interessante il capitolo relativo alla vita mondana della donna, fatta di feste, religiose e laiche, giochi, conviti e inaugurazioni di monumenti, che costituivano l’occasione per uscire di casa e fare esperienze anche particolari, ma non inconsuete, come andare a cena non accompagnata dal marito o, addirittura, prendere parte ad un convito a luci rosse.

      Le donne intorno a cui ruota l’interessante analisi di Di Bella e che nella generalità dei casi appartengono al ventennio 60-40 a. C. si rivelano per alcuni versi più emancipate non solo delle donne costrette, ai giorni nostri, a vivere sotto dittature retrograde sotto il profilo civile e culturale, ma anche delle donne italiane di mezzo secolo fa; il che costituisce il dato forse più sorprendente dell’opera

     Sono, dunque, diverse le ragioni, per ritenere che valga davvero la pena intraprendere la lettura di questa validissima e davvero singolare opera di Franco Di Bella.

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