Come viene cucinata la politica in Tv

Caro Franco, eccomi qui, come ti avevo promesso. Scusami per i tempi lunghi, ma sono impegnato su diversi fronti e, data l’età in cui si avverte di più il veloce scorrere delle ore e dei giorni, cerco di finire dei lavori, anche letterari, che tenevo in sospeso. Tutto per mia intima soddisfazione, avulso da ogni tipo di illusione o velleità editoriali. In conformità e nel convincimento assoluto che qualsiasi azione umana non sia che vanitas vanitatum. Allora perché si partecipa a questo gioco al massacro ch’è l’esistenza unica e terrena di ognuno di noi? Potrei rispondere: per inerzia e per viltà.

Ma veniamo a noi. Ho letto tutto il materiale ricevuto e sono tanti gli spunti che riesci a suscitare con le tue considerazioni chiarissime nella loro essenza. Avevo pensato inizialmente di trasmetterti un’unica riflessione che abbracciasse l’offerta completa delle tue tematiche, ma poi ho trovato più comodo trattare i tuoi articoli singolarmente.

Per ciò che riguarda lo scritto Democrazia e TV, ti dico subito d’aver notato con grande soddisfazione che la pensiamo, salvo qualche sfumatura di poco conto, allo stesso modo su come viene cucinata la politica in Tv. Avrei poco da aggiungere, se non confermare, rafforzandoli, i tuoi dati obiettivi.

Ma non voglio farti mancare il mio piccolo punto di vista sul ruolo esercitato dai vari conduttori, presentatori e annunciatori nei diversi palinsesti televisivi, spaziando dal varietà ai programmi culturali e infine approdando specificamente al genere che hai rigorosamente sviluppato con lo stile invidiabile che ti ritrovi.

Partiamo da una evidenza inconfutabile o quasi: in linea di massima tali personaggi vengono selezionati non certo per le loro qualità intrinseche ed estrinseche, per la loro eccezionale versatilità (possiamo finanche scomodare il termine improprio di carisma), bensì per l’appecoramento (un’altra parola d’immediata comprensione, che però manca nei dizionari più reclamati e accettati  dall’Accademia della Crusca, cioè della canìgghja) nei confronti dei loro padrini televisivi e politici col preciso mandato che è peccato disturbare i manovratori di turno.

Mi riferisco espressamente al servizio pubblico, la cui lottizzazione e spartizione è universalmente nota e viene tollerata e accolta dai lobotomizzati telespettatori, tra l’altro assoggettati al pagamento di un canone che è in effetti una rapina il cui corrispettivo è una continua messa in onda di programmi indecorosi, salvo qualcheduno, che funge da classica rondine che non fa primavera.

In certi casi, riguardo all’arruolamento di giornalisti e commentatori, la Rai fa più schifo delle emittenti private, dove il reclutamento avviene se hai un bell’aspetto, se non porti la cravatta storta e, per il prosieguo, non è difficile immaginare che sarà vietato l’accesso a chi non disporrà di capelli biondi e di occhi azzurri. Tutto questo però non deve sviarci dal problema più urgente che comporta il monopolio dell’informazione da qualsiasi direzione provenga. Hai fatto bene a citare magnificamente la frase di Popper, perché si adatta perfettamente alla situazione considerata.

Come nel cinema italiano, dopo la scomparsa di Sordi, Manfredi, Tognazzi, Gassman e Mastroianni, si è generato il nulla, in Tv si è verificato lo stesso fenomeno dopo la dipartita dei presentatori cosiddetti storici (Bongiorno, Tortora, Corrado…).  Per correttezza, ci tengo a precisare che sono anche mutati i tempi e la famosa gavetta, che ti temprava per ogni evenienza, nessuno più la rammenta. Per cui oggi in Tv abbiamo solo delle mezze calzette, così come nel cinema, che assurgono a protagonisti, senza possederne i talenti. Dirò di più: sono diventati addirittura e inspiegabilmente insostituibili, se non per meri motivi legati ai compensi esagerati e ai compromessi che ne derivano. Quindi, finche la loro stella non cesserà di brillare e finché manterranno il favore dei padrini che li sponsorizzano, rimangono intoccabili, al punto paradossale che, se cadono ammalati, gli viene consentito di dirigere il loro programma da casa propria. Inaudito.

Franco, tu scrivi: se   i   conduttori   non   accettano   dette   condizioniquindi palesi un condizionamento da parte degli ospiti più appetibili o da chi li rappresenta. Per fare un esempio, hai riportato il nome del portavoce del presidente del Consiglio Giuseppi Conte e che risponde al nome di Casalino, che io ho ribattezzato, nel pieno rispetto della sua appartenenza di genere, Cularino. Costui detterebbe precise condizioni ai conduttori che tengono ad avere in studio il presidente dell’Esecutivo. E il conduttore che ha famiglia (Longanesi docet) si genuflette e ringrazia.

A ’sto punto non posso non citare il conduttore per antonomasia, fiore all’occhiello della Rai: Bruno Vespa, capace di scrivere un libro ponderoso ogni sei mesi e darlo prontamente alle stampe il dì seguente e da lì partire a propagandarlo da impareggiabile stacanovista in ogni pertugio televisivo disponibile, dalle trasmissioni meteo ai salotti tipo Barbara D’Urso alla trasmissione inguardabile, per motivi non tanto reconditi, della coppia Fazio-Littizetto. Se invitassi il cannibale Vespa a casa mia per fargli assaggiare le polpette come le faceva mia madre, lui accetterebbe prontamente l’invito a patto di riunire il mio condominio per pubblicizzare il suo ultimo parto editoriale.

Dov’è la morale in tutti questi ragionamenti, in parte senza senso ma che un senso contengono?

Al riguardo, la mia visione, può apparire speciosa. Certamente è lacunosa, per giustificabili motivi di spazio, ed è  caratterizzata da un forte risentimento oggettivo (e tale è quello che contiene la somma di tutti i risentimenti personali) per metodi selettivi, in qualsiasi campo, professione o mestiere, laddove il merito, lo studio, l’approfondimento non vengono minimamente considerati. Da li si dipartono incongruenze, superficialità, banalizzazioni che giovano ai pochi a discapito di tutti gli altri.

Ci sentiamo tra qualche giorno per gli altri articoli. Ti saluto con affetto.                                                                                                                                                                                                                              Mario Riganello

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