Manuale del sogno italiano

    Il pamphlet “Manuale del sogno italiano” di Vanda La Torre, recentemente pubblicato dalla RSAeditrice, possiede il merito di evidenziare verità difficilmente confutabili e relative al campo dei valori sociali, civili e politici, nel quale di questi tempi si naviga perlopiù a vista fra incertezze, luoghi comuni e non poca confusione. Si tratta di idee maturate all’interno di un singolare contesto umano e familiare, che hanno permesso all’autrice d’individuare il tracciato ideologico da seguire nel proprio cammino di vita.

       Nell’ampia e interessante Premessa risultano delineate le personali esperienze che hanno maggiormente influito sulla sua concezione dell’uomo, del mondo e della società. L’aver fatto parte di una famiglia formata da ben dieci figli, con una madre venuta a mancare molto giovane e di cui non sono rimasti che “pochi ricordi sfocati, ma tutti poco piacevoli e legati a immagini di lei col volto sofferente” e con un “padre impegnato politicamente e poco presente” in casa; le infuocate discussioni che abitualmente si svolgevano tra i figli e il padre; e la continua presenza di tanti libri e giornali, soprattutto de’ L’Unità, sul quale scriveva il padre Michele, grande appassionato di politica e di lettura, contribuirono a creare tra le pareti domestiche un’atmosfera tale, da favorire  grande apertura culturale, spirito di tolleranza, attitudine al confronto e una forte tensione verso il campo sociale e politico. Non meno importanti per la formazione di Vanda sono risultati l’impatto con le dure difficoltà della vita, prima fra tutte la faticosa ricerca di una soddisfacente sistemazione lavorativa, e la cocente delusione per le ingiustizie e i sorpassi continuamente subiti, per non parlare degli spiacevoli aspetti della propria vita privata, su cui essa ha preferito tuttavia stendere un velo di comprensibile riservatezza.

      Cinque le grandi questioni su cui si concentra la riflessione di La Torre, la prima delle quali riguarda le stridenti contraddizioni sociali alle quali nessun Governo è riuscito finora a trovare una soluzione e un cui esempio è costituito, a suo dire, dal Reddito di Cittadinanza, che avrebbe dovuto funzionare come una sorta di anticamera del posto di lavoro, mentre di fatto si è tradotto solo in una misura di mero assistenzialismo, non certo procrastinabile chissà per quanto tempo ancora. Non meno interessante risulta il discorso sviluppato sui riflessi di dette contraddizioni sulla vita psichica delle persone, come nevrosi, stress, ansia, mobbing sul posto di lavoro e un insopportabile senso di precarietà e d’insoddisfazione. Insomma, un insieme di fattori che, a lungo andare, hanno finito con l’incattivire la società con “tensioni domestiche che sfociano nella violenza di genere” e con un’inarrestabile “involuzione comportamentale”.

       Nel capitolo dedicato alla questione femminile sono elencati i ritardi e alcuni dei più noti stereotipi ancora in circolazione sulle donne, oltre che le innumerevoli difficoltà tra cui esse sono costrette a dimenarsi negli ambiti della vita sociale, familiare e lavorativa. L’idea di fondo del capitolo è esplicitata a chiare lettere alla fine del secondo paragrafo, nel quale La Torre si domanda come sia possibile che “dopo cinquant’anni di impegno civile e partigiana resistenza in tutte le sue forme, ancora oggi si debba parlare della categoria femminile come di una categoria da proteggere, quasi fosse a rischio di estinzione come il panda”. Ma ancor più amara è la constatazione conclusiva, secondo cui la famiglia, così come la scuola, è andata incontro al fallimento, in quanto divenuta luogo di conflitti e di aggressività.

     L’attenzione di La Torre non poteva poi non volgersi alla realtà scolastica, la quale viene osservata sulla scorta di autorevoli pensatori, come Mario lodi e Don Milani, che hanno difeso principi educativi, che purtroppo fanno ancora fatica a diffondersi come dovrebbero e a tradursi in prassi concreta nelle nostre scuole. Il riferimento al pensiero di questi grandi educatori la dice lunga sul modello formativo verso il quale propendono le preferenze dell’autrice.

      Nell’addentrarsi nell’interessante tematica educativa, La Torre sottolinea due comportamenti sempre più diffusi ai giorni nostri, il primo dei quali consiste nel decantare a parole ideali e valori che vengono poi puntualmente disattesi nella vita di tutti i giorni, perché essere coerenti con se stessi “costa fatica, impegno, sacrificio”; mentre il secondo è costituito dal conformismo, nel quale oggi si rifugiano in tanti, per non finire in preda ad “ansie, sgomento e preoccupazioni” a cui si espone chiunque “osi spostarsi anche solo di poco dal comune sentire”.

      Il capitolo intitolato Partiti e Movimenti dà la stura a La Torre per dire come la pensa su un tema ai giorni nostri tanto dibattuto, come quello della rappresentanza politica, e su concetti fondamentali, quali democrazia, partecipazione, pluralismo, “spazi decisionali effettivi”, ecc., che il più delle volte sembrano parole morte, prive di senso, dal momento che non sempre riescono a tradursi in realtà concrete. Muovendo dal concetto gramsciano di egemonia, La Torre arriva a spendere qualche considerazione su aspetti e fenomeni come la macchina del fango, il dileggio, la denigrazione e la calunnia, da cui è contrassegnata l’aspra competizione partitica nell’epoca del grande sviluppo tecnologico, dell’informazione gratuita e dei social network.

     L’ultimo capitolo riguarda la complessa realtà meridionale, nella quale – è vero –  negli anni tante cose sono cambiate, ma il gap col Nord persiste inesorabilmente ancora. Il ragionamento di La Torre prende le mosse da una felicissima intuizione di Alfredo Reichlin, che nel lontano 1974 auspicava che le regioni meridionali, compresa la Calabria, non fossero più eterodirette dall’alto, in quanto dovevano provvedere da se stesse ad avviare i profondi processi di trasformazione necessari per un’effettiva rinascita. Sono, altresì, rievocati gli interrogativi che da sempre vengono accostati alla realtà meridionale: se essa sia da considerarsi una vera “palla al piede” dell’Italia; se i meridionali siano privi d’iniziativa imprenditoriale; o se la loro supposta inerzia si debba attribuire ad un atavico spirito di rassegnazione. Sta di fatto che “moltissimi anni sono trascorsi; molte le discussioni a vari livelli, innumerevoli le proposte, innumerevoli i governi e i leader politici che nel tempo si sono succeduti, infinite le strategie politiche messe in atto, ma tutti gli sforzi profusi non hanno sortito alcun effetto determinante sul miglioramento del livello della qualità di vita e sulle prospettive dei meridionali”.

      A giudicare dalle personalità citate nel pamphlet, c’è da ritenere che a fungere da ancoraggio e da supporto del pensiero e dei ragionamenti di La Torre siano stati autori che, come A.Gramsci, P.Togliatti, M. Lodi, Don Milani, Cesare Pavese, S. Pertini A. Reichlin, G.G. Marquez, ecc., oltre a godere anche oggi di grande notorietà e considerazione, si possono senza alcun dubbio ricondurre tutti all’area culturale laico-progressista con la quale s’identifica la sua posizione ideologica.

     Quale possa essere il destino di questo vivace e inconsueto libello e se dallo stesso potrà mai scaturire, quantomeno dalle nostre parti, un qualche dibattito storico e politico, è davvero difficile a dirsi. Nulla, purtroppo, di più probabile che, nel marasma dell’editoria attuale in cui la fanno da padroni le grandi e rinomate editrici e i famosi autori, a questo lavoro capiterà di passare del tutto inosservato, –  il che risulta ormai un fenomeno più che consolidato –  e che, nel contempo, non sarà certamente colta l’occasione per un proficuo confronto di idee sul nostro futuro.

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