L’informazione nell’era di Internet

      Nel mondo giornalistico sono avvenute importanti novità, che hanno reso alquanto variegato il panorama dell’informazione. Ad entrare per primo in concorrenza con la tradizionale informazione giornalistica sono state le televisioni, che, affiancando al giornalista di carta stampata quello definito “a mezzo busto”, hanno sottratto non pochi lettori ai giornali. Ma la più grossa novità è quella che è venuta a determinarsi con la sempre più ampia diffusione di Internet che, oltre a modificare profondamente il lavoro e la fisionomia del giornalista, ha causato il crollo dell’ottanta per cento delle vendite dei giornali cartacei e l’inondazione di quelli digitali.  Hanno cominciato così a chiudere i battenti tante piccole testate, che non sono riuscite più a reggere i pesanti costi di produzione e hanno dovuto licenziare decine e decine di giornalisti.

      Oggi sul web chiunque può aprire un blog o un sito d’informazione, senza dover sottostare ad alcuna regola o sottoporsi ad alcun controllo né di carattere culturale e professionale, né tantomeno di carattere etico-deontologico. Si tratta di una libertà di stampa, rivoluzionaria per alcuni versi, ma preoccupante e pericolosa per altri, visto che si possono, a getto continuo, diffondere notizie faziose o infondate e completamente false. Ma tant’altra informazione oggi viaggia soprattutto attraverso i social-network, su cui si pubblicano articoli, notizie, foto e video, così che questi sono diventati i mezzi informativi più letti e seguiti. Di questo passo, potrebbe, in un non lontano futuro, scomparire il giornalista, così come la sua figura è stata fin qui conosciuta.

    Nel mondo dell’informazione è ormai in atto una rivoluzione senza precedenti, che ha colpito innanzitutto il giornale cartaceo, la cui crisi non si può semplicisticamente attribuire al fatto che tanti dei suoi tradizionali acquirenti hanno smesso di comprarlo; il che va semmai ritenuto una conseguenza. Molteplici e ben più profonde risultano le cause di un fenomeno la cui portata risulta facilmente percepibile, se si prova a confrontare le vendite di due decenni fa dei principali Quotidiani nazionali con quelle di oggi. Una prima causa è costituita dal fatto che è profondamente cambiata la maggior parte di quel misero 25% che da sempre costituisce la percentuale dei lettori dei quotidiani nel nostro Paese, cosi come risultano cambiate le modalità con cui vengono confezionate le notizie in un’epoca nella quale è divenuta enorme la quantità d’informazione disponibile. Per questo, nella costruzione della notizia oggi conta soprattutto la capacità d’individuare gli aspetti davvero più importanti, perché l’utente odierno si è ormai abituato all’essenzialità e ad un linguaggio quanto più sobrio, diretto e senza fronzoli.

    Il tracollo del giornalismo cartaceo, iniziato dal 2013 in poi, è anche la conseguenza della forte riduzione dei budget pubblicitari che, dopo la sempre più estesa diffusione di Internet, sono finiti col passare dai giornali di carta verso il web. Si sa, la pubblicità va dov’è più alto il numero degli utenti e, per questo, ha via via abbandonato i quotidiani cosiddetti generalisti, il numero dei cui lettori risulta ormai in forte calo, perché sempre più s’indirizza verso i social network, che hanno un pubblico ampiamente giovanile e più sensibile alle esigenze delle aziende. C’è, dunque, poco da prendersela con i lettori che sempre meno comprano i giornali di carta, in quanto la colpa va addossata sugli editori, che non hanno saputo affrontare a tempo debito la crisi del settore e non si sono accorti dei profondi cambiamenti in atto nel mondo dell’informazione. Un altro gravissimo errore degli stessi è stato quello di non aver compreso le potenzialità di internet e di aver intrapreso la diffusione gratuita delle più importanti notizie della giornata attraverso il formato online della propria testata, per non parlare della pirateria dei giornali digitali e dell’ormai inarrestabile chiusura di tante edicole.

     Solo da qualche anno si è cominciato a rendersi conto che, se sono pochissimi gli acquirenti dei giornali, ciò è dovuto al fatto che sugli eventi avvenuti il giorno prima ha già provveduto il web a darne notizia in tempo reale. Per questa ragione, i Quotidiani cartacei dovrebbero svolgere una funzione del tutto diversa da quella svolta finora e volgere la propria attenzione più verso i processi che verso gli eventi, risalire alle cause di questi ultimi e studiare a fondo radici e meccanismi dei fenomeni sociali più in vista. Si tratta, in fondo, della funzione che è propria dei cosiddetti Settimanali, i quali, avvalendosi di un ampio apparato fotografico, offrono al lettore articoli di approfondimento, inchieste, interviste esclusive e contenuti inediti, che sono tuttavia relativi ad un’intera settimana, mentre il Quotidiano dovrebbe concentrarsi solo sulla giornata precedente. Attraverso detta impostazione, i Quotidiani cartacei potrebbero perpetuare la loro esistenza e trovare così uno spazio nel frastagliato mondo dell’odierna informazione.

   Un discorso a parte va fatto, invece, riguardo al giornalismo televisivo, nel quale operano i cosiddetti vip del giornalismo della carta stampata, che godono di lauti guadagni, a fronte di non pochi loro colleghi che a stento riescono a racimolare giusto quel che serve per vivere. È senz’altro un fenomeno oltremodo disgustoso che alcuni giornalisti debbano godere di simili privilegi e che, oltre a dirigere una testata giornalistica e a condurre qualche programma televisivo, siano pure presenti quasi quotidianamente nei talk show più seguiti. Si è così venuta a formare una vera e propria casta, che di fatto esercita una sorta di dittatura dell’opinione, visto che i suoi componenti si servono del palcoscenico televisivo, che dà loro popolarità a buon mercato, per pontificare di continuo su questo e su quello. Che dire, poi, della giammai risolta anomalia del nostro Paese, costituita dal fatto che un numero rilevante di giornali, sia di carta stampata che televisivi, risultano di proprietà di uno degli attori principali della scena politica da trent’anni a questa parte.

     Un altro tasto dolente del giornalismo italiano è rappresentato dalle discutibili forme di accesso alla professione. Nella generalità dei casi, per entrare a far parte della redazione di un giornale che conta, bisogna essere figli, o nipoti, o “amici” di giornalisti, per effetto del cosiddetto “clientelismo ereditario”, al quale va affiancato quello “partitico”. Un semplice sconosciuto avrebbe mai potuto fare la carriera di una Bianca Berlinguer, senza un cognome così prestigioso? Certamente più facile risulta fare praticantato in un giornale locale, in cui a contare sono, il più delle volte, le effettive qualità culturali e professionali dimostrate sul campo.

    Purtroppo, a tutt’oggi, manca una vera e propria scuola di giornalismo e vengono semplicemente organizzati da parte di alcune Università master biennali di formazione giornalistica. È stato istituito da più anni il Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione, ma tra i suoi sbocchi professionali c’è quello offerto dal settore del “marketing, della comunicazione d’impresa, delle attività promozionali, degli uffici di relazioni con il pubblico, degli uffici stampa, nelle redazioni editoriali e nell’organizzazione aziendale” e di fatto possedere l’uno o l’altro titolo non costituisce alcuna garanzia d’inserimento automatico nel mondo dell’informazione; del che sono testimoni i tanti giovani che con detti titoli, ma privi di Santi in paradiso, non riescono ad andare da nessuna parte.

   In conclusione, una considerazione va fatta sull’informazione locale, la quale, come è noto, da sempre si espone al rischio di ridursi a fare da cassa di risonanza anche di fatti non propriamente rilevanti del territorio di riferimento, o di celebrare ed enfatizzare i soliti personaggi più in vista dello scenario sociale e politico, perché le testate giornalistiche locali – sia che si tratti di un giornale televisivo o di carta stampata – non possono purtroppo  permettersi d’ignorare il grande bisogno di visibilità che è normalmente manifestato da questo o da quel politico, mentre invece alle diverse realtà meridionali servirebbe piuttosto un giornalismo critico e indipendente, d’inchiesta e di denuncia.

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