Quella dei migranti è, senza alcun dubbio, una questione divisiva, oltre che lacerante. Divisiva, perché divide in due blocchi l’opinione pubblica: da una parte, i cittadini che sono portati a guardare al suo continuo protrarsi nel tempo con ansioso timore; dall’altra, coloro che, per quanto preoccupati dall’inarrestabilità del fenomeno, provano sentimenti di solidarietà cristiana ed umana nei confronti sia dei cosiddetti migranti politici, ovvero i rifugiati, che dei migranti economici, ovvero di quelli che scappano da fame e miseria. Lacerante, perché colpisce nel profondo le coscienze sia in un senso che nell’altro, spingendo a prendere comunque posizione, ovvero non consentendo di cadere nel cinismo e nell’indifferenza.
Per tutto ciò, la questione-migranti è divenuta una delle più roventi nell’odierno dibattito politico, nel senso che tra l’uno e l’altro schieramento ha portato ad uno scontro molto aspro, prestandosi nel contempo ad essere utilizzata strumentalmente a scopo di propaganda elettorale da parte di quelle forze politiche – con in testa Salvini e Meloni – abituate a parlare alla pancia dei cittadini, specie di quelli culturalmente più sprovveduti e disinformati.
C’è chi, dunque, nei tanti talk show televisivi dei giorni nostri continua a seminare nei telespettatori paura, odio razzistico e allarmismo, addebitando un fenomeno tanto complesso e di portata epocale, come quello al quale stiamo assistendo ormai da anni, all’incapacità propria del governo di turno e facendo credere che lo stesso si possa arginare o con un tanto impossibile quanto assurdo “blocco navale” nel mediterraneo, o abbandonando al loro destino i numerosi disperati che si avventurano su gommoni o su carrette del mare, nel tentativo di trovare una via di uscita alla disperata situazione dalla quale fuggono. Detto esodo ha raggiunto picchi preoccupanti fino a tutto il 2017, prima cioè che dal governo precedente e da quello attualmente in carica fossero adottati provvedimenti e misure atti a scoraggiare le numerose partenze dei migranti.
Ma, d’altra parte, se non si vuole peccare di ottimismo semplicione o, peggio, d’ipocrisia, occorre chiarire che anche le persone mosse da ragioni umanitarie sono comunque pienamente consapevoli, in primo luogo, che non si può certo assicurare accoglienza all’infinito e che, in secondo luogo, non è facile dare una sistemazione dignitosa a decine di migliaia di nuclei familiari che continuano a spostarsi da una parte all’altra del pianeta, oltretutto in un periodo in cui le economie occidentali stanno attraversando una delle peggiori crisi dal dopoguerra in poi. Il successo elettorale di Trump, da un lato, e il travolgente aumento dei consensi di Salvini nei sondaggi, dall’altro, rappresentano alcuni dei sintomi più evidenti del clima venuto a crearsi intorno alla questione migratoria.
Si è, altresì, del tutto consapevoli del fatto che difficile risulta l’integrazione sociale e culturale di soggetti i quali, oltre che catapultati dall’oggi al domani nei paesi ospiti, si trovano a vivere per un periodo più o meno lungo senza svolgere alcuna attività lavorativa e in modo così detestabilmente ozioso, da apparire agli occhi dei più come dei “mantenuti pubblici”, pronti a sottrarre risorse a poveri e disoccupati del paese che li ospita. Tra i paesi europei bene ha potuto fare per la sua più favorevole situazione economica di qualche anno fa la Germania che, da un lato, ha ristretto a soli tre mesi il periodo di stazionamento nei cosiddetti Centri di accoglienza e che, dall’altro, ha consentito subito dopo al migrante d’inserirsi nel mondo del lavoro.
La cosa sarebbe sicuramente ben diversa, se ciascun paese dell’Unione europea offrisse il proprio contributo di accoglienza, così da rendere meno pesante la situazione di una nazione come l’Italia, precedentemente costretta dalla sua stessa posizione geografica a dovere farsi carico dei continui arrivi dei migranti sulle nostre coste. Per questo, sarebbe necessario, una volta per tutte, cancellare quella norma del Trattato di Dublino che assegna l’obbligo d’asilo dei migranti al paese dove gli stessi approdano, perché ciò inevitabilmente penalizza esclusivamente paesi costieri come il nostro, la Grecia e la Spagna.
Della questione-migranti dovrebbe, indubbiamente, farsi carico un’organizzazione internazionale come l’ONU, considerata la grande estensione geopolitica del fenomeno e l’illimitata durata dello stesso. L’Europa non può essere lasciata sola ad affrontare una sfida di dimensioni planetarie come questa. L’Onu dovrebbe mettere in atto ogni tentativo idoneo a rimuovere le cause da cui il fenomeno della forzata migrazione risulta generato, cercando di porre fine alla disastrosa guerra civile siriana, a quella altrettanto grave apertasi recentemente in Libia e al restante scenario bellico del Medio-oriente e del continente africano.
Purtroppo, l’Europa non è a tutt’oggi divenuta una confederazione come gli Stati Uniti e ogni suo stato membro continua a mantenere intatta la propria sovranità nazionale, per cui non lo si può in nessun modo obbligare ad accogliere la quota di migranti che gli spetterebbe proporzionalmente al numero dei suoi abitanti. Gli Stati che hanno fino ad oggi sopportato e continuano a sopportare il più rilevante peso dell’accoglienza possono protestare quanto vogliono; tanto la loro rabbia e le loro indignate proteste non producono alcun effetto concreto. Ciascun paese europeo è libero di fare quel che vuole, tanto più in un’epoca come l’attuale in cui, da un lato, risulta sempre più diffuso il pericolo del terrorismo islamico e, dall’altro, forte soffia il vento del populismo, per cui i consensi elettorali si rivolgono ai partiti politici che dicono peste e corna dei migranti. Lo stesso dicasi dell’ONU, un organismo internazionale inerme e quasi assolutamente impotente, in quanto impossibilitato dalle sue stesse regole costitutive a rendere effettivamente risolutive le proprie deliberazioni. Si limita a lanciare di continuo appelli, inevitabilmente destinati a cadere nel vuoto.
Come si può facilmente comprendere, la questione è tutt’altro che semplice, come tendono a far credere i politicanti della peggiore specie, buoni solo ad incantare l’elettorato con slogan ad effetto e a fare così buona incetta di voti. La verità è che anche coloro che si sono più volte cimentati in passato col governo del Paese non sono riusciti neppure minimamente a scalfire la soluzione del problema qui in esame, anzi hanno persino contribuito a far passare un Trattato come quello di Dublino, per l’Italia fortemente penalizzante per la ragione già chiarita.
Ad alimentare sempre più l’ansia e il timore della gente, compresi coloro non pregiudizialmente contrari ai migranti, è indubbiamente la consapevolezza del fatto che i flussi migratori sono purtroppo destinati a durare ancora chissà quanto tempo nell’epoca della globalizzazione e, ammesso che si riesca comunque ad integrare i migranti già approdati sulle coste europee, ci si domanda legittimamente se la stessa cosa si potrà fare per quelli che giungeranno attraverso le future ondate migratorie.
Inesorabilmente si affaccia, a questo punto, la funesta prospettiva formulata tempo fa da coloro che, come Oriana Fallaci, nell’osservare l’incessante penetrazione dei migranti di fede musulmana nella cristiana Europa, si sono domandati se essa non avrebbe inesorabilmente finito per mettere in pericolo la stessa identità culturale dei vari paesi europei, travolgendo i fondamentali valori di libertà, tolleranza e pluralismo politico su cui si basano le loro democrazie. Insomma, razzismo o non-razzismo, la questione-migranti spinge chiunque ad interrogarsi sul futuro del mondo e delle cosiddette democrazie occidentali. La speranza è che il mondo futuro ci riservi una sempre più pacifica convivenza sia tra le culture che tra le religioni e che valori ormai universali, come la libertà, il rispetto della persona umana, l’uguaglianza, ecc., possano essere riconosciuti ed accettati da ciascun paese.
Penso, molto modestamente che non si è riusciti e non si riesce a impostare una strategia di integrazione
Caro cognato ci sarebbe soprattutto da interrogarsi sugli interessi del capitale delle varie nazioni che sia in Africa che in Medio Oriente continuano i loro sporchi giochi di guerra che creano, di fatto, il problema migratorio. Se non si parte da qui non si può che giungere alle considerazioni “di pancia”.
Bisogna fare tutto ció che umanamente é possibile fare. In previsione di una globalizzazione organizzata e programmata a tavolino bisogna vedere gli effetti che una integrazione culturale, religiosa ed economica poi possa portare. Il disagio di un esodo incontrollato lo vediamo tutti i giorni. Ne soffre sia la Popolazione ospitante che la Popolazione ospitata.
Ci vuole una immigrazione “sostenibile”…umana…ordinata…e controllata. Ogni individuo penso che sia libero di andare a vivere su questa Terra dove vuole…sempre che non metta a repentaglio la propria esistenza e quella degli altri.