Il ruolo della famiglia nell’educazione alla lettura

        L’educazione alla lettura rappresenta certamente uno dei compiti nello svolgimento del quale insostituibile e determinante appare l’apporto che può essere fornito dalla famiglia, a dispetto della diffusa percezione di una sua più ridotta capacità, dovuta alla concorrenza sempre più sleale delle altre agenzie educative.

      Quel che è certo è che non basta desiderare che i propri figli leggano perché ciò avvenga. A favorire l’insorgere dell’interesse verso la lettura è, innanzitutto, lo stile di vita familiare improntato alla serenità, alla calma e al rispetto reciproco delle esigenze e degli spazi di ciascuno. I conflitti, le incomprensioni, o la mancanza dello spazio necessario al raccoglimento della lettura possono, al contrario, tradursi in veri e propri deterrenti. Si pensi, ad esempio, al trambusto che suole talvolta assalire la vita familiare per il continuo andirivieni di parenti, amici, vicini di casa, o per i continui squilli del telefono.

      La concentrazione intellettiva e il tempo necessari alla lettura possono, inoltre, venir meno per l’abitudine di certe famiglie di restare, per parecchie ore della giornata, tutti inchiodati davanti al televisore, o fuori casa.  La famiglia che vuole, invece, incidere efficacemente sull’educazione alla lettura deve sottoporre il tempo libero ad una serie di regole, così da scongiurare il rischio che lo stesso venga quasi completamente impiegato in attività prive di rilevanza formativa. Deve, comunque, trattarsi di regole la cui validità sia fatta scorgere attraverso l’esempio stesso dei genitori e non certo per mezzo di una sterile imposizione autoritaria.

      Nel caso in cui i genitori, per la lunga assenza da casa dovuta a impegni di lavoro, non possano esercitare alcun controllo sui figli, è alquanto improbabile che il tempo libero di questi ultimi assuma significato formativo, o che si svolga all’insegna della regolarità. Per un ragazzo abituato a studiare o a leggere mentre i genitori sono in casa, non c’è motivo perché lo stesso si allontani dai suoi compiti abituali.

     Educare alla lettura è, inoltre, compito più facile, quando nel soggetto non risultino già consolidate altre abitudini. Mentre vani, il più delle volte, si rivelano i tentativi di modificare abitudini e preferenze, quando ormai queste risultino ormai interiorizzate, o quando l’azione educativa della famiglia vada incontro all’azione neutralizzatrice svolta dalla più suggestiva realtà mediatica, o al condizionamento ambientale. Per questo motivo l’infanzia risulta l’età più propizia all’educazione alla lettura.

      Una buona abitudine era quella dei genitori di una volta, i quali ogni sera, per assecondare il sonno dei propri piccoli, leggevano loro ad alta voce qualche fiaba. Geno Pampaloni ricorda che “nelle lunghe serate invernali, le famiglie si riunivano nella cucina, la stanza calda della casa, per ascoltare la lettura di grandi romanzi o di storie avventurose; talvolta, quando era più grande il prestigio del testo, o del lettore, un altro giro di sedie accoglieva attorno alla tavola altre famiglie del vicinato. Altri tempi, che il nuovo modo di vivere ha reso remoti e quasi inimmaginabili per i giovani di oggi. Eppure quelle serate di riunione tranquilla offrono, nel ricordo, una rappresentazione quasi simbolica della lettura come ritualità comunitaria”. Questa abitudine, quasi interamente travolta dalla televisione e dal web, serviva, non solo ad accendere la fantasia, ma a fare apparire la lettura “ascoltata” come qualcosa di affascinante e insieme di magico.

        Risulta, dunque, molto importante che in casa si respiri un’atmosfera di lettura; che la pratica della lettura sia scorta essere parte della vita di più componenti familiari; che le conversazioni di famiglia siano, di tanto in tanto, riferite a letture. Indubbiamente più efficaci risulteranno le dimostrazioni effettuate non con le parole, ma coi fatti, degli innumerevoli usi che è possibile fare della lettura, non tanto di quelli dettati da motivi di studio o di lavoro, quanto di quelli dettati dalle esigenze comuni e spontanee del vivere quotidiano. Nel qual caso la lettura non potrà essere associata all’idea del lavoro. Per questo, appare più esemplare agli occhi del figlio il leggere del padre-operaio o della madre-casalinga che non quello del genitore il quale alla lettura si accosti per ragioni essenzialmente professionali.

      Maggior valore di esemplarità acquista, poi, nella famiglia, il fratello o la sorella maggiore che legge agli occhi del fratello o della sorella minore. La naturale emulazione presente tra fratelli può portare ad un benefico scambio di informazioni, di consigli e di esperienze anche in fatto di lettura, trattandosi di un rapporto tra pari.

       Ad influire sull’educazione dell’adolescente alla lettura è, altresì, la condotta familiare ordinariamente improntata al dialogo, il quale il più delle volte risulta ancor più stimolante per la diversificazione delle posizioni ideologiche interne al nucleo familiare. Detta diversificazione ideologica costituisce di fatto un fertile terreno per la lettura, dal momento che a questa si giunge quasi sempre dietro la sollecitazione dei dubbi, delle ansie conoscitive e degli interrogativi che normalmente insorgono attraverso il libero confronto delle conoscenze, delle idee e delle opinioni. Più fortunati in tal senso sono ovviamente quei genitori che, sfruttando una cultura più al passo coi tempi, possono far leva sullo spirito emulativo e sul senso di orgoglio, tipici dell’adolescenza, per spingere i propri figli ad accostarsi al confronto con essi con informazione e competenza, mostrando loro coi fatti quali concreti vantaggi possano normalmente attingersi dalla lettura.

      Ma, se il giovane adolescente è uno di quei non pochi che, dopo la scuola media, si è messo a lavorare o fa il disoccupato, e se la sua famiglia neppure lontanamente percepisce l’opportunità che il proprio figlio non impieghi tutto il suo tempo tra uscite fuori con amici, televisione e discoteca, diviene molto elevata la probabilità che lo stesso si trasformi nell’ennesimo imperterrito ed accanito non-lettore.

1 Commento

  1. Ovviamente hai ragione, ma il compito appare sempre più arduo perché la pervasività dei mezzi tecnologici a noi sconosciuti solo dieci anni fa, appare inarrestabile.

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