La rivoluzione di Salvini

È relativamente recente la grande notorietà di Salvini, ma la sua carriera politica è cominciata più di 25 anni fa. Per capire come abbia fatto a diventare nel giro di un quinquennio uno dei personaggi politici oggi più in vista, occorre tracciare un, sia pur breve, quadro storico del movimento nel quale milita dall’età di 17 anni e che di fatto si è trasformato nel suo unico e continuo datore di lavoro.

Nel suo più che trentennale percorso storico la Lega Nord ha attraversato varie tappe e, nel passaggio dall’una all’altra, ha avuto modo di effettuare sostanziali cambiamenti in rapporto ai suoi principi fondamentali di carattere ideologico, ondeggiando di continuo tra la prospettiva federalista e quella della secessione. La storia della Lega è stata, infatti, contrassegnata da un protendere ora verso la prospettiva secessionista, ora verso il federalismo. L’alleanza con Berlusconi, sia quella del ’94 che quella del 2001, ha segnato, come bene aveva previsto Miglio, una sorta di tradimento dell’una e dell’altra prospettiva. La prima volta Berlusconi, per riuscire ad imbarcare Bossi nell’area di governo, dovette costringerlo ad abbandonare la linea estremistica della secessione e ad abbracciare la prospettiva di un più moderato e generico federalismo.

 Quel che risulta certo è che, dalla fine degli anni Ottanta ad oggi, sono cambiati strategie, programmi e alleanze del Movimento. Dopo lo scotto della prima alleanza con Berlusconi, Bossi abbandona il suo ideale federalista per tornare ad abbracciare la politica della secessione, ovvero rendere indipendente da Roma la “Padania”, così avviando una nuova fase della tormentata storia del movimento, che nel terzo Congresso cambiò la propria denominazione da “Lega Nord – Italia Federale” a “Lega Nord per l’indipendenza della Padania”.

Nel 1999 Bossi effettua una seconda giravolta a 360 gradi, perché sa che, se vuole tornare al governo, deve rendere più morbidi i toni ed il linguaggio ed accantonare la politica della secessione, anche se ciò gli potrà far perdere voti. Parlerà, infatti, di “Padania sede degli interessi del Nord”, non più di volerla staccare dal resto della Penisola. E anche in questa occasione ci furono defezioni importanti, come quella dell’ex Presidente della Camera, Irene Pivetti, e la Lega ne uscì un po’ ridimensionata, sia in Lombardia che a livello nazionale.  Roberto Calderoli venne eletto Vicepresidente del Senato e furono nominati ministri Roberto Maroni al Welfare, Roberto Castelli alla Giustizia, ma la novità assoluta fu che diventò per la prima volta ministro della repubblica italiana Bossi, ovvero ministro alle Riforme istituzionali ed alla Devolution. Dopo le elezioni politiche Bossi si dimise da europarlamentare e gli subentrò Mario Borghezio, deus ex machina del pensiero secessionista-indipendentista.

Con il nuovo esecutivo berlusconiano, gli italiani conobbero un termine inglese prima di allora sconosciuto, la devolution, cioè la devoluzione dei poteri dallo Stato alle regioni. Nello stesso periodo nacque lo slogan “Lega di lotta, Lega di governo”, per manifestare la volontà del partito di essere la Lega che avrebbe lottato per i suoi ideali e che avrebbe usato il governo per poter raggiungere i suoi principali obiettivi. Va qui comunque ricordato che proprio durante questa seconda esperienza governativa con Berlusconi e, più precisamente, l’11 marzo 2004 Umberto Bossi venne colto da un ictus nella sua casa di Gemonio e la Lega tutta, sia quella dei vertici che quella formata dalla gente comune, temette il peggio per la vita del proprio idolo. Bossi si ritirò momentaneamente dalla scena politica, candidandosi tuttavia come capolista per le elezioni europee del giugno successivo. Risultò eletto, ma lasciò ovviamente la carica di ministro a Roberto Calderoli.

Il dilemma alleanza o meno con Berlusconi si ripropose dopo il plateale fallimento del 2011 dell’ultimo governo- Berlusconi, che portò il gruppo dirigente della Lega a prendere di nuovo le distanze da Forza Italia. Ma a ciò si aggiunsero le grandi difficoltà incontrate dalla Lega a seguito dei gravi scandali in cui la stessa fu coinvolta, a partire da quello del “The family” del 2013, ovvero delle rilevanti spese effettuate per la famiglia-Bossi con i soldi del Partito, fino allo scandalo del bonifico da 4,5 milioni di euro finiti in un fondo in Tanzania, da cui è venuto fuori un giro di mega prelievi, operazioni offshore, movimenti di assegni tra Africa e Cipro, milioni di corone norvegesi e di dollari australiani.

Salvini come Segretario è spuntato fuori proprio in tale drammatico contesto, ovvero nel momento in cui il movimento si è trovato alle prese con una delle sue crisi più profonde e difficili. E il primo tocco, davvero geniale del giovane segretario, fu quello di togliere dalla denominazione della Lega la parola “Nord”, così trasformandola in un movimento a carattere nazionale e facendola diventare addirittura il maggior competitore della stessa Forza Italia. Salvini, inoltre, che aveva ereditato un partito elettoralmente ridotto al lumicino per via dei bruttissimi scandali sopra elencati, ponendo quotidianamente l’accento, nei vari talk-show televisivi, sui disagi determinatisi in conseguenza della questione-migranti  e sfruttando al massimo la sua capacità di parlare alla pancia degli spettatori e di farsi comprendere dalla gente più semplice, è riuscito a far raggiungere alla Lega livelli di consenso tali, da  superare nelle elezioni politiche del 4 marzo 2018 il suo tradizionale alleato. Come si può, del resto, sottacere il fatto che Salvini (insieme ai vari Di Maio e Di Battista) per un lunghissimo periodo ce li siamo trovati presenti quasi tutte le sere su ogni rete televisiva, comprese quelle Rai, per la cui ragione vanno ritenuti un vero e proprio prodotto delle televisioni.

Un’altra grande novità segnata dal neo-segretario è consistita nell’accantonamento dell’antimeridionalismo, che fin dall’inizio aveva rappresentato uno dei principali capisaldi ideologici del Movimento. Da questo punto di vista, Salvini ha contribuito a cambiare radicalmente l’immagine stessa della Lega, passando dalla fase degli insulti e delle più volgari offese nei confronti dei “terroni” meridionali a quella delle adulazioni e della partecipe commiserazione per le loro tristi sorti sociali ed economiche. Basti semplicemente pensare che è risultato eletto in Calabria, dove, per il disprezzo tante volte manifestato in passato nei confronti delle sue popolazioni, non si capisce come abbia potuto raccogliere tanti voti.

Qualcuno, come Gilberto Oneto, vecchio sostenitore dell’indipendentismo della regione padano-alpina, oltre che amico personale e collaboratore di Gianfranco Miglio, è arrivato ad affermare nel corso di una recente intervista che “il Carroccio di Salvini non è più la Lega Nord” e che questa trasformazione della Lega da movimento federalista, autonomista e secessionista a formazione “nazionalista lepeniana” costituisce una metamorfosi politica, dettata da “un sostanziale tatticismo coerente con una tradizione di “cambiamenti” che non hanno fatto il bene del partito. Della stessa opinione si è detto Flavio Tosi, ex sindaco leghista di Verona e oggi portavoce di “Noi con l’Italia”, il quale ha dichiarato che: “la nuova Lega di Salvini ha annientato anni di battaglie portate avanti con sacrificio e determinazione da militanti e amministratori locali, su tutte quella per il federalismo, che peraltro è una delle strade principali da percorrere per far ripartire il Paese. Con un colpo di spugna, nel (vano) tentativo di guadagnare qualche consenso al Sud e di allargare la propria base elettorale con sparate a raffica, l’attuale segretario del Carroccio ha cancellato la storia del partito”.

L’abbandono di ogni aspirazione federalista, da parte della Lega di Salvini, è stato in qualche modo compensato dal rilancio del nazionalismo e del sovranismo, a cui del resto si sono concordemente richiamati i Paesi europei governati dalle destre populiste. E, in concomitanza col Referendum di riforma costituzionale, promosso dal Governo Renzi, dal quale si prevedeva di rivedere il famoso articolo V relativo ai poteri decisionali delle regioni, più di un esponente, non solo della Lega, ma di tutto il Centrodestra, come Stefano Parisi, ha ritenuto opportuno procedere ad una rielaborazione del sistema delle autonomie, magari partendo dalla vecchia ma ottima idea di poche macro-regioni. Ci si è, ad esempio, domandati che senso avesse l’esistenza di una regione come il Molise che ha la stessa popolazione di una città come Milano, e se fosse giusto ridimensionare l’autonomia delle Regioni a statuto ordinario, lasciando inalterata (di fatto aumentandola) quelle delle già privilegiatissime Regioni a statuto speciale. E, poi, come non tenere conto del fatto che le regioni non sono assolutamente uguali l’una all’altra per quanto riguarda l’efficienza, il contenimento di spesa e la qualità dei servizi offerti al cittadino. Perché, dunque, ridurre i poteri della virtuosa Lombardia e preservare invece quelli di una regione sprecona come la Sicilia? Insomma, tante contraddizioni e squilibri da eliminare e da correggere.

Alla luce di tutto ciò, sembravano maturi i tempi perché nella Lega si tornasse a parlare di autonomia e della necessità di riorganizzare lo Stato su basi federali. Tanti risultavano i leghisti convinti che, contrariamente alla direzione impressa al Movimento da Salvini allo scopo di racimolare voti in più, bisognasse dare finalmente attuazione al primo articolo dello statuto della Lega, che recita: “la finalità del partito è il conseguimento dell’indipendenza della Padania”. A capeggiare il malcontento leghista è attualmente lo stesso Bossi, ricandidato dallo stesso Salvini al Senato e tornato agguerritissimo: “Io torno al Senato per fare la battaglia – ha tuonato il Senatur, come riporta il Tempo – per portare a casa le competenze che interessano la Lombardia. Perché Roma non è pronta a elargire, fa orecchie da mercante”. Col governo gialloverde, attualmente in carica, la Lega sta tuttavia cercando di soddisfare in qualche modo le istanze autonomistiche delle regioni da essa amministrate insieme agli altri alleati di centrodestra, come Lombardia e Veneto.

Ciò che sembra certo è che, fintanto che i sondaggi continuano a mostrare la Lega in forte crescita, sarà difficilissimo agli ormai deboli e sparuti avversari interni di Salvini indurre il movimento ad attestarsi nuovamente sulle ormai vecchie e obsolete parole d’ordine. E comunque della rilevante e continua crescita della Lega di Salvini ha giustamente di che preoccuparsi anche e soprattutto Berlusconi, che vede la sua Forza Italia essere giorno dopo giorno fagocitata dal suo “alleato-avversario”, fino a rischiare la scomparsa definitiva dallo scenario politico.

6 Commenti

  1. Caro Franco,il successo di questo individuo è dovuto al fatto di aver cavalcato la paura delle gente verso gli immigrati.Politicamente,nel suo programma,non ci sono strategie rivoluzionarie,basta vedere cosa dice tutti i giorni in TV,parla solo di immigrazione clandestina che tolgono lavoro agli italiani e che sono portatori di malattie.Tutto il suo programma politico si riduce a questa problematica.

  2. Caro Franco,l’analisi che fai è pressoché perfetta; c’è da chiedersi però dove sia l’opposizione, e se mai in questi decenni ci sia effettivamente stata, visto che non avendo più da tempo una base ideologicamente sana,non contrappone al malpancismo una spiegazione del mondo, di quel mondo che ancora oggi divide banalmente ricchi e poveri e dove il denaro distorce ad arte l’informazione globale.

  3. Caro Franco, è semplice affermare che il tuo articolo, oltre ad essere interessante è anche intrigante. La Lega, come ogni partito cerca di sfruttare al massimo il momento favorevole, anche perchè non ha alcuna opposizione. A destra c’è Berlusconi interessato alla salvaguardia delle sue aziende, e quindi senza alcun motivo di contrastare l’azione della Lega, pronta a fagocitare buona parte di Forza Italia. A sinistra, c’è il vuoto totale. Basta assistere a quanto sta succedendo in questi giorni : tutti cercano di essere protagonisti di inviti a cena. di accordi sottobanco ecc senza capire che nel partito esistono due tipi problemi. Il primo, molto grave, è la mancanza di uomini. La squadra di Renzi è finita male e, visti i personaggi, non poteva subire sorte diversa.Il secondo problema è la mancanza di idee. Un partito che annaspa, non può aver vita lunga, tanto è vero che tutti parlano di morte.E allora ? Bene ! Come prima cosa si deve andare alla ricerca di uomini veri, mandando in pensione tutto l’esistente. Poi, va creato un gruppo di uomini intelligenti, capaci di promuovere nuove idee più rispondenti alle esigenze della gente e di elaborare programmi facilmente realizzabili. Con gli uomini attuali, tipo Martina ed Orfini, le ore sono contate ! Mi dispiace dirlo, ma chi ha voluto a tutti i costi la fine del Partito socialista, merita un lenta morte.

  4. Franco Federico, Risposta a

    Ho letto con attenzione quello che hai scritto sulla Lega di Salvini, delineandone la storia dalla genesi ai giorni nostri. Analisi che condivido. Mi è venuto, inevitabilmente, di pensare quanto sia corrotta certa politica italiana. Coloro che in passato definivano “Roma ladrona” sono stati quelli che poi si sono appropriati indebitamente di 49 milioni di Euro dei contribuenti italiani, reato di malversazione per cui la Lega è stata indagata e condannata attualmente a risarcire l’appropriazione indebita. E’ cronaca giudiziaria dei nostri giorni. E’ lunga la lista di coloro che hanno saccheggiato l’Italia – vedi le inchieste giudiziarie di “Roma Capitale” secondo le quali amministratori corrotti della cosa pubblica si vantavano di potersi impadronire illegalmente a piene mani del denaro della pubblica amministrazione capitolina. L’apostolo dei Gentili, Paolo, scriveva alla chiesa di Corinto 2000 anni fa: “Ma del resto dagli amministratori si richiede che ciascuno sia trovato fedele” (1 Corinzi 4:9). E mi veniva ancora di pensare: Possibile che nella nostra bella e amata Italia, che nel 1500 diffuse la cultura del Rinascimento non solo in Europa ma nel mondo, non ci siano persone integre, tutte di un pezzo, che non si lascino corrompere dal dio Mammona? Abbiamo bisogno di persone di una forte fibra morale e spirituale, uomini e donne di valore che, accada quel che accada, facciano il loro dovere fino in fondo. Vale a dire, abbiamo bisogno di Uomini Nuovi. Uomini che abbiano veramente a cuore il bene comune, governanti illuminati della cosa pubblica. Uomini del calibro di Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Sandro Pertini (il Presidente più amato dagli Italiani) e altri. La società, come una città, o una famiglia non è fatta né da demoni, né da angeli, ma da uomini e donne. Se singolarmente ogni uomo e ogni donna ama e pratica la giustizia, ama la clemenza e agisce con umiltà, allora avremo una buona famiglia, una città equa e prospera e una nazione rispettata e ammirata da tutti. Parlando dell’essenza del carattere del Figlio, Gesù Cristo, Dio dice: “Tu hai amato la giustizia e hai odiato l’iniquità” (Ebrei 1:9). Per bocca del Profeta Michea il Signore Dio dice: “O uomo, Egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il SIGNORE, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?” (Michea 6:8). A causa della sua natura corrotta l’uomo (la donna) non può fare queste cose perché “Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno” (Geremia 17:9). Allora, non c’é rimedio? Siamo condannati a vivere succubi di questa dilagante corruzione in cui gli empi “prosperano” e i giusti sono oppressi e, a volte, soffrono penuria e fame? NO! Dio, nel suo amore per l’umanità, ha provveduto il rimedio. Leggiamo in Giovanni 3:16 il cuore stesso del Vangelo (Buona Notizia) ” Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. Chi crede nel Figlio è una Nuova Creatura (un Uomo Nuovo, una Donna Nuova) “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, tutte le cose sono diventate nuove” (2 Corinzi 5:17).
    Concludendo, Gesù disse a Nicodemo, dottore della legge: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio» (Giovanni 3:3).
    Sono queste persone “nate di nuovo”, queste nuove creature,
    che possono fare la differenza in questo mondo, come fu per i primi discepoli di Cristo, Paolo e Sila, Giasone etc. di cui i Giudei, capi religiosi del tempo dissero: «Costoro, che hanno messo sottosopra il mondo, sono venuti anche qui» (Atti 17:6).
    Ecco le persone di cui abbiamo bisogno oggi: uomini e donne che mettano sottosopra il mondo e pratichino la giustizia.
    Naturalmente questo ha un costo in un mondo dove essere onesti e integri non è di moda e il furfante e mascalzone sono spesso considerati “eroi” perché “ci sanno fare”.
    Ma chi avrà il coraggio e l’ardire di schierarsi dalla parte di questi “uomini nuovi” e giusti?
    Nient’altro servirà a cambiare lo status quo in cui viviamo. Tutt’al più i rimedi meramente umani saranno al meglio solo “pannicelli caldi”.

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