L’amore senile di G. Ungaretti per la bella e giovanissima Bruna *

          Per cinquant’anni sia gli Studiosi che i suoi comuni lettori hanno completamente ignorato che Giuseppe Ungaretti avesse intrattenuto un’intensa relazione d’amore con una giovanissima di appena 26 anni, conosciuta in Brasile nell’agosto del 1966, quando di anni egli ne aveva 78. Bruna Bianco – è questo il suo nome –  è un’avvocatessa italiana che coltiva la passione per la poesia e che già da dieci anni si è con la famiglia trasferita in Brasile per lavorare in una filiale dell’azienda paterna di spumanti; il poeta, come gli capita di fare di sovente, spostandosi da una parte all’altra del mondo, tiene un ciclo di conferenze a San Paolo, dove aveva già vissuto per sei anni di continuo, avendo insegnato Letteratura italiana dal 1936 al 1942 presso la locale Università.

          La relazione ha avuto così origine da uno di quei semplici incontri che sono soliti avvenire alla fine di una conferenza tra il relatore e qualcuno del pubblico desideroso di complimentarsi e che si concludono con una stretta di mano e tutto finisce lì. Ma quell’incontro tra Ungaretti e Bruna non segnò la fine, ma l’inizio di tutto. I due, infatti, già al primo incontro s’intrattennero insieme per discutere per più di un’ora e, prima che il vecchio poeta tornasse in Italia, ne seguirono altri, durante i quali si accese qualcosa di magico e d’inconsueto che fece nascere tra i due una relazione durata  poco più di due anni e mezzo e accompagnata dallo scambio di reciproche visite nei rispettivi Paesi.

         Ad attestare detta relazione è la recente pubblicazione delle 400 lettere indirizzate in quasi tre anni dal noto poeta alla sconosciuta poetessa, la quale, dopo averle gelosamente custodite per mezzo secolo, si è decisa a renderle finalmente pubbliche. Ma Bruna ha scelto di pubblicare solo quelle del poeta, non le sue, così che al lettore non è dato di gustare il carteggio nella sua interezza. E della vicenda amorosa che si è svolta tra i due apprendiamo, dunque, solo quanto ci è narrato dalle lettere del famoso poeta.

         Ma una traccia indelebile della relazione è costituita dal Dialogo, un insieme di liriche composte da entrambi (9 da Ungaretti e 5 di replica dalla Bianco) e confluite poi nell’ultima parte dell’Opera omnia di Ungaretti, pubblicata nel 1969 nei Meridiani Mondadori col titolo Vita di un uomo. Bisognerà attendere la pubblicazione recente delle Lettere a Bruna, per dare una più definita identità all’interlocutrice del Dialogo e per cogliere che cosa realmente la stessa abbia rappresentato per il noto poeta. Quel che è certo è che si è trattato di un rapporto amoroso di febbrile intensità, che ha rappresentato un’esperienza unica nella vita complessiva di Ungaretti e che – guarda caso – ha riempito e, al tempo stesso, acceso di tanta emozione e trepidazione gli anni che precedettero di poco la sua morte.

       Consapevole dell’eccezionalità del suo amore per Bruna, per via dell’enorme differenza di età, il vecchio poeta per tutto l’epistolario non fa che proclamarsi “demente”: “Anima mia, dirti che ti amo è troppo poco, e dovrei anche ripeterti che è demente, assurdo, forse anche colpevole, mettermi ad amare una giovinetta, come tu sei, all’età mia. È demenza, è demenza” (28); “Amore mio, hai mai pensato seriamente che tra te e me ci corrono più di 50 anni: mezzo secolo? […] accorgiti che sono tanto tanto vecchio” (77); “Certo ciò che sarebbe più ragionevole, è che tu scegliessi per compagno della tua vita, un giovane come te” (310).

       In quasi tutte le lettere l’antico poeta adopera espressioni molto affettuose e, in più casi, sorprendemente cariche di accentuata sensualità. Il florilegio che è offerto qui di seguito, necessariamente ristretto, non punta ad altro che a darne una qualche idea: “Dove sei? Dove sei, ora? Sei con me? Sei in me? Sei l’incendio che mi consuma. Non ho più anni, sono senza età, sono soltanto questo tuo fuoco divorante che hai comunicato al mio essere, che non ha più altro per vivere se non la grazia che mi hai concesso di bruciare per te. Anima mia” (55); “Ti amo, lo sai. Sai anche il motivo della mia disperazione. C’è questa orrenda difficoltà in me, e nessun’altra. I troppi anni” (348); “Ho aperto il plico con le due fotografie nuove. Come sei bella, Bruna, Bruna mia. Ho baciato le fotografie. Se avessi avuto le tue labbra vere sulle mie sarebbe stato meglio. Ma era, lo stesso, una gioia infinita” (50); “Lo sai che sei la donna che possiede la più bella bocca del mondo […] ho il sapore delle tue labbra e la violenza dei tuoi denti, amore” (76); “Cara, come si vive bene amandoTi. Penso di continuo a Te, e ho pace nell’anima come non l’ho mai avuta. Sei la mia sicurezza, la mia forza, il mio tutto. Sei l’aria che respiro, le idee che accarezzano la mia fantasia, i sogni che mi consolano, m’incoraggiano e mi rapiscono” (176); “Non ho mai provato una felicità intima tanto profonda, mai. La sola amarezza è di non essere più giovane e di non meritare, per il motivo dell’età, […] quella tanta dedizione, quella tanta bontà d’amore, dedicatami da parte tua” (209).

       L’inconsueto quanto quasi impossibile amore ha avuto l’effetto straordinario di far dichiarare ad Ungaretti già nella decima lettera: “Devo a te anche il miracolo di aver ritrovato le vie del canto”, dopo una pausa che si protraeva già da sei lunghi anni. La verità è che, se c’è una parte nell’essere umano che non invecchia mai, questa è costituita dalla sua sensibilità, dal suo cuore: “..via via che la vecchiaia avanza, […] l’intelligenza e la sensibilità continueranno a sembrare lucide, mature, acutissime, pronte come se non avesse che quarant’anni, o venti, o fosse appena uscito d’adolescenza” (77); “Sono innamorato come un ragazzino, e non ho più da un secolo l’età” (21); “Parlare d’amore, ma che faccio io, in ogni minuto della mia vita, da quel giorno benedetto che ho avuto la fortuna d’incontrarti con quei fogli di poesia che mi porgevi aspettando il responso” (37).

     Poco conta il fatto che l’intensità del sentimento amoroso non sia corrisposto dalle forze del corpo, ormai del tutto inadeguato agli uffici d’amore: “C’è una difficoltà grave, gravissima, di carattere fisico. È insormontabile, purtroppo, per me. È dovuta alla mia troppo avanzata età […] Sappilo, lo sai, t’amo, t’amo più di me stesso, t’amo. Ma non basta a superare quasi un secolo di logoramento del corpo. Amore, amore mio” (107); “..il ricordo fa sempre, con persone d’altro sesso, profondamente carnale e spirituale il legame, nonostante l’età dell’uno, nonostante che la manifestazione fisiologica non avvenga. Amore mio, l’amore è un mistero” (320).

       L’altro argomento più ricorrente nelle Lettere a Bruna, oltre l’amore, è quello della poesia, considerato che la vera molla da cui è scattato tutto tra i due è stato proprio il grande carisma ungarettiano, che tanta infatuazione avrà sicuramente generato nell’allieva dalla quale fu quasi automaticamente confuso col sentimento d’amore, come normalmente suole accadere in rapporti fortemente asimmetrici come quello tra l’antico poeta e la sconosciuta poetessa. Uno dei primi consigli dati a Bruna dal grande poeta per affinare l’arte poetica è il seguente: “Il grande segreto della poesia è nella semplicità della parola. Se la parola riesce a farsi semplice, come è un sentimento quando riesce a filtrarsi e a farsi trasparente per purezza, tanto da divenire uno specchio per l’ansia d’ogni anima – in quel momento una parola può credersi vicina alla poesia” (5); “E’ risolvere il difficile in modo spontaneo, facile, il segreto della poesia. Forse, senza superbia, oggi sono il solo a possedere un tale segreto di fantasia, di sentimento, d’intelletto, d’espressione: cioè di parola” (370).

        Le Lettere a Bruna ben mettono in evidenza, inoltre, i diversi e fitti impegni di lavoro dai quali furono caratterizzate le ultime giornate del vecchio poeta, che non manca di esprimere più volte insofferenza e forte senso di stanchezza nei loro confronti: “Sono sovraccarico di lavoro, non puoi immaginare quanto sia. Solo le lettere, a rispondervi, e spesso è indispensabile, chiedono a me […] la spesa di ore giornaliere. E ci sono prefazioni da fare, e ci sono testi di libri per la Francia e per qui da preparare, e ci sono riunioni alle quali partecipare, e ci sono i disturbatori e i seccatori che spuntano sempre più numerosi a farmi perdere la pazienza e a intralciarmi il lavoro” (65); “I tre quarti del mio tempo li spendo a soddisfare i seccatori” (81).

               Il piacere davvero unico che suscitano le Lettere di Ungaretti  è, senz’altro, quello che risulta implicito in qualunque forma di scrittura intimistico-privata a cui si sia dato vita non certo per essere poi letta da tutti. L’elevato grado di confidenzialità che suole comunemente caratterizzare il genere epistolare e, in special modo, autentiche lettere d’amore come queste ha fatto sì che Ungaretti si sia lasciato andare ad affermazioni e giudizi che si sarebbe guardato bene dal rilasciare in una pubblica comunicazione. Molteplici risultano, infatti, gli aspetti sui quali le Lettere a Bruna apportano un considerevole contributo di chiarezza e di precisione. Un esempio è costituito dall’attesa del premio Nobel, il cui conferimento a se stesso il poeta in più lettere (283, 344, 345, 360, 361, 366, 369) considerò più che certo. Un altro esempio è rappresentato dalle non poche dichiarazioni fatte a proposito della propria identità politico-sociale: “Sono un credente, un cristiano credente, ma non credo nella D.C, il futuro del mondo è diverso” (309); “Voterò per la Democrazia, come ho sempre fatto, per l’estrema sinistra della Democrazia cristiana” (282); “Sai bene che non faccio politica, che non appartengo a nessun partito, che sono legato al mio, e che, sono stato chiamato a presiedere grandi società culturali europee, è a semplice titolo della mia serenità ed al mio ostinato operare in favore di un’attiva fraternità fra uomini e popoli, per un loro convivere più sereno” (372).

           Altro non minore piacere assicurato dal testo epistolare in esame è, infine, quello di poter seguire, come attraverso un diario, momenti salienti e attività principali degli ultimi anni di vita del grande poeta.

I numeri tra parentesi sono quelli con cui risultano contrassegnate le lettere nell’epistolario

6 Commenti

  1. Non si può negare l’immensa statura poetica di Ungaretti, come non dovrebbero essere lasciati all’oblio post fascista i suoi trascorsi di Regime! D’altra parte il carisma dei grandi li rende ignari delle loro posizioni, sempre e comunque giustificate dal loro genio. L’amore senile è comprensibile, sostenuto com’e’ da una sensibilità al di fuori del comune e dalla solitudine personale nella quale era stato gettato dai lutti. Ottimo pezzo Franco.

  2. Che immensa fortuna poter dare senso alla vita, ed Ancor più mentre questa si allontana! Che invidia per noi poveri, miseri esseri umani dai sentimenti stentati…

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