Silvio Bernardo, fine educatore e politico onesto

E’ trascorso ormai più di un ventennio dalla sua morte, ma il ricordo del prof. Silvio Bernardo rimane ancora molto vivo, come dimostrano le accorate e puntuali testimonianze che sono state offerte qualche tempo fa nel corso di una bellissima iniziativa di commemorazione promossa dall’Università Popolare Mediterranea, che può legittimamente vantarsi di svolgere un prezioso lavoro di riscoperta delle “pietre miliari” della cultura e della storia cittadina.

       Il primo nostro ricordo di Silvio Bernardo come uomo di scuola e di cultura risale alle fine degli anni ’60, quando nella vetrina di un noto studio fotografico di Corso Vittorio Veneto fu esposta una gigantesca fotografia che lo ritraeva nell’atto di ricevere dalle mani del pontefice Paolo VI  il 2° premio del Concorso Internazionale di prosa latina “Certamen Vaticanum IX”, per avere  appunto composto l’Orazione “Pro bono viro”. Un riconoscimento prestigioso che, nel panorama scolastico-culturale della Crotone di quegli anni, non poteva certo passare inosservato e che – senza nulla togliere al valore professionale di non pochi docenti di allora – aggiungeva un tocco di distinzione alla figura del professore Bernardo.

       Un altro ambìto traguardo raggiunto dal professore negli stessi anni fu la pubblicazione della monografia storica “Santa Severina nella vita calabrese dai tempi più remoti ai giorni nostri”, nella quale, non rinchiudendosi negli angusti orizzonti dello storicismo localistico, estendeva la propria visuale d’indagine alla Calabria e all’intero Meridione. Con tale opera Silvio Bernardo, ancora giovane, entrava a far parte del prestigiosissimo catalogo dell’Istituto Editoriale del Mezzogiorno, così ponendosi a fianco di noti Autori, come Luigi Volpicelli, Francesco Arnaldi e Friedric Vochting.

        Venne poi il tempo in cui ci fu concesso di conoscerlo più da vicino e di cogliere alcune delle sue qualità di maggiore spicco, come la grande curiosità intellettuale, che lo portava a volgere la propria attenzione a quanto di notevole era dato scorgere nella nostra non certo ricca e poco movimentata realtà culturale. Leggeva di tutto, persino le modestissime pagine di un giornale parrocchiale. E fu proprio da un’occasione di così poco conto che ebbe inizio un sodalizio spirituale ed intellettuale, che per noi oggi costituisce motivo di profondo orgoglio.

       Il bisogno di uscire da quel senso d’isolamento, tipico dell’intellettuale meridionale, costretto a rimuginare di continuo dentro se stesso ogni pensiero; la mancanza di interlocutori con i quali poter condividere trepidanti gratificazioni per ambiziosi progetti letterari appena ultimati, spingevano Silvio Bernardo a lanciare intorno a sé ponti di comunicazione verso chiunque potesse soddisfare la propria ansia di confronto e di dialogo.

        La passione politica si affacciò presto nella sua già intensa vita intellettuale, ma con i tratti dell’autenticità e del disinteresse, ed amalgamandosi perfettamente col suo magistero scolastico. Né fece da intralcio alla sua attività di studio e di ricerca, anzi la politica per Bernardo rappresentò la naturale continuazione dell’impegno sociale e civile già espresso attraverso il ruolo-docente: una stessa tensione intellettuale e morale caratterizzò l’una e l’altra attività. Contrariamente a quanto suole accadere ai giorni nostri, in cui la politica fagocita persino il tempo degli affetti e della vita familiare, a Bernardo fu possibile conciliare i due diversi impegni per la semplice ragione che a fare da spinta alla politica non fu la ricerca di gratificazioni e riconoscimenti non rinvenuti nel proprio lavoro. Di norma, quando, nello svolgere un’attività professionale, se ne trae un senso di grande appagamento e si riconosce che sarebbe un grave peccato l’abbandono della stessa anche per coloro che ne sono i diretti beneficiari, non la si baratta certo con la politica; che è quanto accadde a Bernardo politico, il quale appunto non smise mai di sentirsi e di essere innanzitutto un professore.

       Come non ricordare a tal proposito il fatto, ormai divenuto addirittura inimmaginabile ai giorni nostri, che il prof Silvio, nel periodo in cui ricopriva la carica di Sindaco della nostra città, continuò imperterrito ad andare a scuola. C’è chi a tutt’oggi conserva vivo il ricordo di lui che se ne stava seduto nell’atrio del Liceo “Filolao”, in attesa di svolgere le proprie lezioni, per poi chiamare qualcuno del Comune per “farsi venire a prendere”. Come non accostare tale bellissima immagine di Silvio Bernardo con il professore odierno che, nel riprendere il proprio lavoro scolastico, dopo aver ricoperto un prestigioso incarico amministrativo, avverte dentro di sé un profondo senso di declassamento sociale.

       D’altra parte  –  com’egli stesso ebbe a dirci in un’occasione, rispondendo ad una nostra specifica domanda –  il suo impegno politico, che si  protrasse per circa un quarantennio e che lo portò a ricoprire gli incarichi istituzionali più diversi (consigliere comunale dal ’56 al ‘64 ed assessore comunale dal ’67 al ‘72, vicepresidente della vecchia provincia, sindaco e, seppure per un solo anno, senatore della Repubblica),  si avvantaggiò tantissimo della ricca cultura umanistica a cui era pervenuto attraverso il suo appassionato magistero scolastico, e viceversa. E’ sufficiente leggere qualcuno dei discorsi da lui pronunciati in Senato a favore o dell’istituzione in Calabria dell’Università (dicembre 1967) o dei provvedimenti straordinari per il risanamento agro-geologico del suolo calabrese (febbraio 1968), per comprendere di quali raffinati strumenti retorico-dialettici e di quale grande padronanza linguistica essi sono a tutt’oggi il riflesso. E – si badi bene – si trattò di discorsi nella maggior parte dei casi pronunciati a braccio, come è dimostrato dall’alto livello di contraddittorio a cui il professore dovette far fronte nell’Aula del Senato, essendo più volte interrotto nel corso dei propri interventi da esponenti di parte avversa.

        Di sicuro su Bernardo politico vi sarebbero da dire più cose di quanto ne siano state dette nel corso della manifestazione dedicata alla sua figura. Bisognerebbe approfondire, ad esempio, il ruolo da lui svolto all’interno della Democrazia Cristiana crotonese e le difficoltà che a vario livello egli incontrò nel rapportarsi ai propri sodali di partito; così come occorrerebbe esaminare più avvedutamente, attraverso il vaglio degli atti, il suo operato all’interno delle istituzioni delle quali entrò a far parte. Non meno interessante risulterebbe accertare come egli si sia collocato rispetto alle correnti democristiane che sono venute a formarsi all’indomani del decennio degasperiano; a quali referenti nazionali di partito, nei 40 anni di militanza politica, si sia preferibilmente rapportato.

     Quel che è certo è che per le origini sociali popolari, ovvero per le difficoltà di vario genere vissute nella famiglia originaria, per la grande fede religiosa e per la sua formazione il prof. Bernardo, come è stato affermato da uno dei suoi amici e colleghi di partito degli anni Cinquanta, come l’On. Rosario Chiriano, si sentì idealmente più vicino al gruppo dei cattolici popolari. La sua adesione alla Democrazia Cristiana non fu dettata, dunque, né da ragioni di opportunismo, né tantomeno dal carrierismo così diffuso ai giorni nostri, poggiando la medesima su forti radici ideali e politiche, oltre che religiose. Quella del professore Silvio fu –  è vero – l’epoca delle grandi battaglie ideali e dei Partiti dalle forti e ben marcate identità, che niente hanno a che vedere con gli odierni Partiti legati a questa o a quell’altra persona e in cui a contare sono i soliti quattro gatti, che fondano tutta la loro forza sull’occupazione di una carica istituzionale e che non devono rendere conto a nessuno di ciò che fanno o non fanno.

      Quanto all’uomo di fede, occorre dire che la religiosità di Silvio Bernardo fu tutt’altro che di facciata, o qualcosa di superficiale; le radici della sua autentica fede religiosa furono rappresentate dall’educazione quotidiana ricevuta in famiglia, la quale va considerata come il vero vivaio del sentimento religioso, molto più della chiesa e della parrocchia. E l’espressione più viva della fede del prof. Silvio si può considerare il suo forte attaccamento alla famiglia, alle care sorelle che per lui si sacrificarono senza limiti, pur di consentirgli di portare a termine gli studi presso il Liceo “Borrelli” di Santa Severina prima, e presso il prestigiosissimo Ateneo napoletano, dove riuscì a conseguire due Lauree, una in Lettere antiche e l’altra in Storia e Filosofia.

         I pareri espressi su Bernardo professore risultano tutti intonati a grande apprezzamento. Tra i suoi ex-allievi – molti dei quali sono diventati professionisti affermati della nostra città –  non se ne trova neppure uno nel quale non sia rimasto di lui un bel ricordo. Quel che sorprende è, oltre che la concordia dei pareri, l’orgoglio di poter vantare di avere avuto tra i propri docenti uno come lui. Del prof. Bernardo si elogia, innanzitutto, l’indiscussa e vasta preparazione, fondata su solidissime basi umanistiche. Le sue lezioni sono descritte come avvincenti: la passione, la foga, l’entusiasmo ne erano i tratti distintivi. Spaziava da un concetto all’altro, senza tuttavia smarrire mai il filo conduttore.

          Un’altra sua qualità di docente molto apprezzata fu costituita dall’equilibrio e dall’obiettività nella valutazione. Si curava più che dei primi degli ultimi, verso i quali la scuola dei giorni nostri in più casi assume atteggiamenti di disprezzo, se non di rifiuto bell’e buono. Ma Bernardo non era visto solo come il professore bravo nelle sue discipline, ma appariva prima di tutto come un maestro di vita. Risultava, cioè, dotato proprio di quel carisma, di cui un autorevole pensatore come U. Galimberti e il nostro scrittore Carmine Abate lamentano la quasi assoluta mancanza nella scuola odierna.

       Ma l’impegno di Bernardo ebbe modo di esplicarsi anche in un’altra direzione, che non è purtroppo conosciuta dai più: per lunghi anni svolse una lodevolissima “funzione di tutoraggio” nei confronti di tantissimi studenti universitari, che a lui si rivolgevano per trovare una guida e un sostegno sia nella preparazione degli esami più ardui e difficili da superare, sia nella stesura delle tesi di laurea. Svolgere questa tanto pregevole, quanto delicata e faticosa funzione di tutoraggio ha comportato per il prof. Bernardo la necessità di addentrarsi talvolta in settori di studio diversi da quelli delle sue discipline, ma ciò, alla fin fine, si tradusse in un ulteriore arricchimento della sua già vasta cultura. Del prof. Bernardo sono rimaste due opere inedite: trattasi di una commedia in latino, “Egerius vir latinis graecisque litteris doctus” e di “Mastro Pantaleone”, ispirata ad una vicenda realmente avvenuta nella Cirò dei primi anni Cinquanta, che meriterebbero di uscire dal chiuso dei suoi cassetti.

      La poliedricità delle sfaccettature della sua persona, la schiettezza e l’affabilità del carattere, ovvero la sua grande umiltà, furono tali, da consentire al prof. Bernardo di conquistarsi la stima della maggior parte dei suoi concittadini, anche di coloro che non erano della sua parte politica. Ripercorrendo le tappe della sua vita, tanto limpida quanto movimentata, che si diparte dall’ormai lontano 1920 e che l’ha visto spostarsi con la sua famiglia, all’età di 10 anni, dalla provincia romana a quella di Napoli, poi a Strongoli, e  considerando le sue molteplici attività, affrontate tutte con il rigore e l’onestà consueti, si prova istintivamente tanto rispetto ed ammirazione verso la sua persona, che per più di un aspetto non godette della fortuna che avrebbe meritato, non solo perché una penosa malattia lo sottrasse prematuramente alla sua bella famiglia, ma anche perché la sua strada fu costellata sì da tante soddisfazioni, ma altresì da delusioni ed amarezza. E certo la nostra città, in più occasioni, non ha saputo mostrarsi adeguatamente riconoscente e generosa con i suoi figli migliori.

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