L’Orlando furioso di Franco Di Bella

        Accade piuttosto di rado che un docente della Secondaria Superiore si cimenti con un “mostro sacro” della letteratura come Ariosto, riuscendo a redigere sullo stesso un’ampia e ben documentata monografia. L’opera in questione, intitolata “Orlando Furioso: il lettore, l’ironia, la corte” e costata anni e anni di duro e appassionato lavoro di ricerca, è stata pubblicata proprio in questi giorni dalla Casa Editrice Simple. Il suo autore è Franco Di Bella, professore per tanti anni dell’Istituto Magistrale G.V. Gravina di Crotone e che è ormai giunto alla sua terza importante pubblicazione.

       Come si evince dal titolo, il baricentro del voluminoso Saggio di Di Bella (formato da ben 543 pagine) è rappresentato dal capolavoro ariostesco, così che tutto è riconducibile ad esso. E se, come nella trattazione delle Satire, l’attenzione dello Studioso sembra deviare su altro, ciò accade per assicurare il dovuto approfondimento ad un aspetto che risulta centrale nel poema, qual è quello dell’ideologia ariostesca e della grande coerenza che, sotto lo stesso profilo, è dato cogliere nel passaggio dall’una all’altra opera.

       A qualunque risultato sia approdata la valutazione critica di Di Bella, essa risulta correttamente suffragata dal continuo raffronto con quanto è emerso dai cosiddetti studi canonici in relazione all’aspetto o alla questione presi in considerazione. Ma, ad orientare la valutazione analitica di Di Bella in un senso o nell’altro è, innanzitutto, il convincimento della giustezza della sua intuizione critica, la quale trova sempre la sua più forte giustificazione nel costante ancoraggio al testo ariostesco, oltre che nella non rara conferma del giudizio critico espresso da altri Studiosi.

      Va precisato, a tal proposito, che l’autore ha potuto confrontarsi con i più autorevoli studi ariosteschi fin qui realizzati grazie al fatto che, ormai da più anni, la Biblioteca comunale di Crotone consente ai propri utenti l’utilizzo del materiale librario giacente presso le più fornite Biblioteche nazionali. Senza questo prezioso servizio, l’opera di Di Bella non avrebbe potuto, mai e poi mai, essere realizzata in loco.

     Uno dei principali pregi del lavoro di Di Bella è rappresentato dal modo efficace secondo cui risulta suddivisa l’ampia materia della sua analisi, la quale muove da un lungo e bene articolato capitolo introduttivo che riguarda settori e/o questioni, la cui conoscenza è ritenuta indispensabile, ovvero propedeutica alla comprensione dei capitoli successivi. Viene così tracciato un quadro alquanto accurato sulla biografia dell’Ariosto, sulle differenze tra un’edizione e l’altra del poema, sulla conversione del poeta ferrarese al genere epico-cavalleresco ed, infine, sulla tipologia propria del pubblico al quale si rivolge il Furioso; tema questo che viene ripreso ed ulteriormente approfondito nel penultimo capitolo. Per ricostruire una quanto più dettagliata biografia dell’Ariosto, lo studioso crotonese si è avvalso di ben cinque lavori biografici, che vanno da quello composto da A. Cappelli nel lontano 1887 a quello di A. Gareffi del 1995.

     Il capitolo più corposo, il terzo, è dedicato interamente all’ironia che, per quanto sia da ritenersi uno dei temi più importanti del poema sia dal punto di vista ideologico che sotto il profilo tecnico-narrativo, non ha ricevuto fino ad oggi – fatta eccezione dei recenti Saggi di F. Musarra e di C. Rivoletti – l’impegno e la cura che allo stesso ha riservato Di Bella. Basterebbe un merito come questo, per fare considerare questo lavoro una novità nel panorama degli studi ariosteschi. Di Bella definisce il capolavoro ariostesco “l’evento più paradossale della letteratura encomiastica mondiale. Doveva dare al suo autore il lasciapassare per l’investitura ufficiale a poeta di corte, ma divenne il motivo principale di rottura col cardinale Ippolito. Doveva celebrare il dedicatario, ma questo ne esce ridimensionato mentre al suo cospetto giganteggia la figura del dedicante. Era rivolto in primo luogo al pubblico cortigiano, ma può essere considerato la “coscienza critica” della corte. È più facile dire quello che quest’opera non è, e non quello che è”.   Questi paradossi da cui il capolavoro ariostesco è attraversato dall’inizio alla fine, così come le strategie ironiche messe in atto dal poeta ferrarese e l’ambiguità con cui lo stesso affronta il motivo encomiastico o si pone nei confronti dei propri lettori, sono analizzati ovviamente attraverso il costante riferimento al testo del poema, nel senso che è in questo che qualunque giudizio critico trova il proprio fondamento e la propria giustificazione.

       Non meno interessante va considerato il capitolo quarto, dedicato alla corte e agli Estensi, cioè alla grande e sincera considerazione riservata alla casa estense, a fronte della forte disistima nutrita nei confronti del cardinale Ippolito. È raccolto ogni passo ed è ricordato ogni episodio, attraverso cui l’Ariosto prende a bersaglio il mondo della Corte. A sorprendere più di tutto, secondo Di Bella, sono il coraggio e il senso di dignità mostrati dal poeta ferrarese in questo suo dialettico rapporto con la corte, della quale enumera i difetti più vistosi, senza mai sentirsi “disposto a gareggiare con gli altri in servilismo, in ipocrisia, e in opportunismo per scalare i posti di prestigio e di potere accanto al principe” Sotto lo stesso profilo il Furioso gli appare “un’opera unica e irrepetibile, in quanto scritta per il pubblico delle corti, ma critica verso quell’ambiente” e protesa a svelare quali miserie si nascondano dietro la sua apparente magnificenza. Ad impreziosire il capitolo è, inoltre, l’ampia illustrazione della posizione di Ariosto sulle donne, a proposito del quale argomento lo Studioso non manca di sottolineare non poche sorprendenti novità.

    Non privo di novità altrettanto sorprendenti si presenta il capitolo conclusivo in cui, dopo la rievocazione dei primi cantori della nobile origine della casa estense, risulta delineata la complessità del personaggio-Ruggiero, il più illustre antenato degli Estensi, che Di Bella definisce come il vero “motivo conduttore del poema”, essendo l’eroe più presente nella narrazione (compare, infatti, in oltre il 50% dei canti) insieme a Bradamante. Ariosto ha dovuto diluire la vicenda di Ruggero, già interamente definita da Boiardo nei suoi punti più salienti, nella trama complessa e variamente frastagliata del Furioso, dovendo nel contempo trovare una soluzione agli aspetti più contraddittori della sua vita: “Ruggiero è un musulmano, tuttavia destinato a diventare cristiano e a sposare Bradamante, sorella di Rinaldo e parente di tanti altri personaggi del poema. La sua conversione al cristianesimo deve essere necessariamente tardiva, in quanto un’accelerazione della sua storia produrrebbe la fine precoce del poema”. Ogni problema connesso alla vicenda dei due antenati degli Estensi e al carattere encomiastico del poema risultano ampiamente scandagliati proprio nel capitolo finale.

       Il metodo interpretativo adottato da Di Bella, pur privilegiando il testo, non tende in alcun modo ad isolarlo né dalla dimensione storico-sociale, né tantomeno dalla formazione particolare dell’autore, ovvero dalla sua fisionomia umana e artistica. Di Bella rifugge, nel contempo, da ogni schematismo aprioristico, diffidando fortemente di quei metodi ermeneutici basati su veri e propri dogmi e protesi ad avvalorare l’indiscutibile verità dei medesimi. Il che, se è da escludersi in assoluto, lo è ancor più, secondo lui, con un’opera come l’Orlando Furioso, “incredibilmente ricco di storie, personaggi, temi, percorso da un’ironia sfuggente ed ambigua che fa intravedere le intenzioni del suo autore, lasciando però il sospetto che esse possano anche essere differenti”.

    Un tanto singolare, quanto apprezzabilissimo,  merito che va ascritto, infine, all’autore di questo lavoro è senz’altro quello della chiarezza estrema del linguaggio da lui adoperato. La tentazione cui normalmente ci si espone, quando si redige un saggio di ermeneutica letteraria, è, come è noto, quella di servirsi di un linguaggio astruso, fortemente tecnico e per pochi iniziati. Di Bella, invece, ha compiuto ogni sforzo per risultare chiaro fino in fondo, e probabilmente questa dote trova la sua naturale origine nella sua lunga esperienza d’insegnante, che per anni lo ha portato, nell’affrontare quotidianamente decine e decine di tematiche storico-letterarie, ad adattarle continuamente al pubblico semplice e culturalmente variegato, com’è quello degli studenti odierni. Per questo il saggio può considerarsi adatto anche ad un pubblico di giovani lettori, specie di quelli non privi di interessi culturali. Il lavoro di Di Bella può, dunque, a pieno titolo entrare a far parte di una tanto ideale, quanto prestigiosa, “biblioteca” della cultura e della scuola di tutto il comprensorio crotonese, in quanto sia all’una che all’altra dà non poco lustro.

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