La cultura della manutenzione

               Per ottimizzare l’azione amministrativa e così migliorare la qualità di vita dei nostri Comuni, occorre passare dalla straordinarietà, ovvero dall’emergenzialità, all’ordinarietà; il che nel concreto si traduce nell’applicare nel governo cittadino il criterio della previsionalità e quello della programmazione. In altre parole, sindaco, assessori e principali dirigenti tecnici dei diversi settori comunali devono, innanzitutto, procedere ad una ricognizione complessiva delle cose che quotidianamente devono essere fatte, per assicurare uno svolgimento ordinato e soddisfacente della vita cittadina. Come si sa, ciascun Comune dispone, oltre che di una serie di mezzi meccanici e di trasporto, della prestazione d’opera di un cospicuo numero di addetti ai diversi settori, come viabilità, verde pubblico, pulizia stradale, raccolta rifiuti, e così via.

       Abbiamo, tempo fa, provato a parlare con un operaio comunale della nostra città, il quale ci ha riferito, con estrema franchezza e senza giri di parole, che il passaggio da un sindaco all’altro non segna alcun cambiamento nell’organizzazione e nella programmazione del loro lavoro: tutto, cioè, seguita all’insegna dell’improvvisazione, dell’eccezionalità e della solita disorganizzazione. A tutt’oggi non si è addirittura provveduto alla costituzione di specifiche squadre di lavoro e all’individuazione dei relativi compiti. Fatta eccezione del settore raccolta rifiuti, in cui – a prescindere dall’eterno rinvio della differenziata – esiste una regolarità di lavoro quotidiano, sugli altri settori s’interviene episodicamente e alla bisogna, ovvero senza seguire una logica di razionalizzazione e di programmazione, così che al cittadino non è consentito di cogliere, nei diversi aspetti organizzativi del proprio Comune, segni tangibili di novità nell’azione amministrativa.

        Dobbiamo prendercela con la mancanza di competenza? No, piuttosto è un fatto culturale, è un problema di mentalità e di usanze che ormai automaticamente si perpetuano nel tempo, per cui cambiano le Giunte amministrative, cambiano i sindaci, ma tutto va avanti come sempre. Persino gli operatori tecnici dei Comuni, che in teoria potrebbero svolgere un’azione di pungolo e di stimolo nei confronti del personale politico-amministrativo con proposte di cambiamento e d’innovazione, hanno finito per assuefarsi pure loro all’andazzo di sempre. Forse – chi lo sa! – ci avranno pure provato ad avanzare qualche suggerimento migliorativo, ma resta il fatto che ogni cosa si trascina stentatamente come sempre e che l’ultima parola spetta comunque al politico.

        Facciamo l’esempio dei recinti in ferro dei giardini e degli edifici pubblici che, in una città come Crotone, non sono pochi, in quanto comprendono un numero considerevole di scuole: orbene, si lascia che la ruggine addirittura li distrugga, piuttosto che procedere ad una regolare manutenzione degli stessi. Invece, a Cernusco sul Naviglio, bellissima cittadina lombarda che conosciamo molto approfonditamente per ragioni che non stiamo qui a spiegare, l’amministrazione comunale provvede sistematicamente, ogni due anni, a ripitturare tutti i recinti in ferro, qualunque sia il loro stato di conservazione. E, durante il periodo estivo, a scuole chiuse, cioè nella fase certamente più propizia, gli addetti del settore provvedono a visionare lo stato di ogni arredo scolastico, come tetto, porte, finestre, banchi, sedie, impianto d’illuminazione e di riscaldamento, rubinetteria e scarico dei bagni, ecc., per intervenire adeguatamente su quanto necessita di riparazione o di sostituzione, senza aspettare l’insorgere né dell’emergenza, né tantomeno delle vibrate proteste degli utenti.

          Procedere secondo la logica della previsione e della programmazione, oltretutto, consente agli Amministratori non solo di non creare motivi di scontento nei propri cittadini, ma di ottenere un forte risparmio della spesa pubblica, in quanto il dover sostituire di sana pianta arredi, recinti, ecc. comporta un costo di gran lunga superiore a quello dell’ordinaria e periodica manutenzione. Risulta obiettivamente incredibile che, pur in un’epoca come l’attuale, caratterizzata dall’estrema facilità d’informazione e di comunicazione, due Comuni di una stessa nazione possano essere governati secondo logiche, modalità e criteri cosi totalmente diversi fra loro. E a colpire più di tutto è il fatto che, da un decennio all’altro, da un sindaco all’altro e da una giunta all’altra, l’impianto di amministrazione resti  quasi sempre lo stesso. Solo qualche oasi felice in mezzo ad un ampio scenario che resiste ad ogni possibilità di progresso e di cambiamento. Ce n’è più che a sufficienza per cadere nello scoramento più assoluto e nell’astensionismo dal voto.

         Nel contesto del ragionamento qui sviluppato ci piace ricordare un esempio di tutt’altro segno, rappresentato da Marcello Praticò, assessore al verde pubblico della prima e memorabile Giunta Senatore, il quale, per l’intero periodo di governo, quasi tutte le mattine si è preso la briga di fare un giro esplorativo, volto a visionare il lavoro degli operai del Comune, addetti alla cura e alla manutenzione del verde pubblico ed, eventualmente, a dare loro i suggerimenti migliorativi più opportuni del caso. Credo che tale forma di gratificazione rappresenti, da un lato, il giusto riconoscimento offerto ad un lavoro ben fatto e, dall’altro, un incentivo agli operai comunali a dare sempre il meglio di sé nello svolgimento della mansione ad essi affidata. Una delle più gravi forme d’inadeguatezza della nostra classe dirigente ad ogni livello è rappresentata dalla più totale insensibilità da essa dimostrata proprio nei confronti di compiti importanti come questi appena ricordati.

       Spesso il cittadino è indotto a domandarsi se i propri amministratori vivano in un altro mondo, visto che pure i piccoli problemi quotidiani a livello comunale, come – ad esempio –  la buca stradale trasformatasi in una pericolosa voragine, o la perdita d’acqua affiorante dal manto stradale, ecc., rimangono per giorni e giorni irrisolti. La stessa domanda si affaccia opportunamente, nel notare che non è effettuato alcun controllo sistematico su eventuali casi di illegalità o di abusivismo, perpetrati a danno dei cittadini e del territorio, né da parte della polizia locale e delle altre forze dell’ordine, né da parte degli assessori direttamente interessati. Eppure, non esiste altro mezzo più convincente della sanzione per combattere i comportamenti illegali. La nostra realtà sociale, non avendo a tutt’oggi interiorizzato i giusti e corretti comportamenti che sono alla base della convivenza civile, deve necessariamente passare attraverso la fase della sanzione, che non deve tuttavia essere caratterizzata dall’episodicità, ovvero dall’eccezionalità. Del tutto scarse sarebbero le ricadute di una sanzione che fosse applicata una tantum, o solo per brevi periodi, per esempio sui guidatori di motoscuter senza casco, o sui proprietari di cani lasciati a fare i propri bisogni sulle strade cittadine.

          Oltre che sulla sanzione si deve puntare ovviamente sull’educazione civica, la cui importante funzione, nelle realtà a vari livelli più degradate, va riscoperta e fortemente valorizzata. Ma il mezzo educativo da solo non consente di raggiungere i risultati sperati: lo stesso deve procedere in assoluta sintonia con quello della sanzione. Il cittadino meridionale che per sua ventura si trovi catapultato in una realtà da tutti i punti di vista completamente diversa da quella in cui è vissuto fino a quel momento fa presto ad adeguarsi, senza alcuna difficoltà, alle regole del nuovo contesto sociale. Se, per esempio, si trova a fumare una sigaretta in una pulitissima piazza pavimentata da piastre di marmo, proverà quasi d’istinto l’impulso a cercare il recipiente apposito per la sua cicca. Si fosse trovato invece nel suo paese d’origine, non ci avrebbe pensato neppure un attimo a gettare la cicca per terra, come del resto ha sempre fatto.

2 Commenti

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*