Come è cambiata la politica

             La crisi della democrazia, che è in atto ormai da più tempo, è sotto gli occhi di tutti; ma si comprende più facilmente in che cosa la stessa consista guardando quel che accade a livello locale, dove tutto risulta molto più chiaro. Si pensi ad uno dei suoi aspetti più importanti, come quello del ricambio del personale politico.

          Devo, tuttavia, premettere che quanto mi accingo ad osservare riguardo a fenomeni e prassi  del mondo politico possiede una rilevanza che va ben al di là di ciò che è dato scorgere sia nell’epoca attuale che nella specifica realtà del nostro comprensorio.  Si tratta, forse, di un retaggio che andiamo trascinandoci dal lontano passato e che fa la differenza tra il nostro modo di amministrare e fare politica e il modo di amministrare e fare politica che è proprio di tanti Comuni, Provincie e Regioni del Centro-Nord. Il noto storico americano Putnam che, qualche tempo fa, si è interrogato sul perchè di questa evidente differenza – che non riguarda ovviamente solo coloro che amministrano la cosa pubblica, ma anche gli amministrati – è arrivato a rintracciarne le cause addirittura nel nostro Medioevo, così profondamente diverso da quello dei Comuni del Centro-Nord.

       Come, dunque, avviene oggi il passaggio alla politica? Quale via è seguita da coloro che decidono di accostarsi alla vita di un partito politico?  L’accesso alla politica avviene, per lo più, in modo brusco e diretto in occasione degli appuntamenti elettorali, non passando da alcuna selezione di partito, ma entrando a far parte di una delle tante liste elettorali. Ad ispirare questo passo è la speranza non solo di andare ad occupare uno scranno nel Consiglio comunale della propria città, ma, nei casi più fortunati, di trovarsi subito dopo le elezioni davanti ad una scrivania di assessore. In una realtà come la nostra, la molla principale dell’accesso alla politica di tanti giovani (basti considerare il loro rilevante numero tra gli iscritti alle liste elettorali delle ultime competizioni comunali) è costituita dalla grave difficoltà economica che da tempo vive la città di Crotone e non solo; per coloro che non devono fare i conti con questo genere di difficoltà, nella maggior parte dei casi, si tratta semplicemente di vanità bell’e buona, ovvero di peccato di presunzione.

              Nell’epoca in cui i partiti sono stati tutt’altra cosa da quello che sono diventati nell’ultimo periodo l’accostamento alla politica era preceduto da una sorta di apprendistato, chiamato militanza, e bisognava rendere conto di possedere un minimo di requisiti sia alla cosiddetta base del partito che agli uomini del suo apparato che, seppure indirettamente, misuravano le qualità politiche, i valori umani e le competenze dell’aspirante-politico. In qualche partito si osservava anche il grado di ortodossia con l’ideologia, lo Statuto e il programma del partito, prima di poter emettere, nei confronti dell’aspirante, un verdetto favorevole all’assunzione, da parte sua, di qualche responsabilità politico-amministrativa

             Oggi, al contrario, si verifica che persone notoriamente prive, sia nel loro lontano che recente passato, di alcun interesse per la politica, se non addirittura completamente distaccate dalla medesima si trovino catapultate in cariche amministrative anche non poco impegnative e altamente responsabilizzanti. L’imprevedibile e brusco passaggio è reso, tuttavia, possibile sia dall’alto numero di consensi elettorali raccolti, sia dal grado di simpatia conquistato presso il grande manovratore di turno, che non necessariamente deve ricoprire un qualche incarico istituzionalmente o politicamente rilevante per tessere le sue fila ed esercitare grande potere d’influenza nella vita cittadina. La politica crotonese, da noi conosciuta meglio di qualunque altra, è da più lustri che si trova schiacciata da una situazione come quella qui descritta.

           A contribuire a tenere in piedi un sistema di cose così perverso è, come sanno ormai tutti, il fatto che i sindaci, rinunciando ad una delle loro prerogative istituzionali più importanti, non operano alcuna scelta riguardo alle persone a cui affidare le diverse deleghe; sono i partiti, o meglio i loro notabili, ad effettuare questa così importante scelta della squadra amministrativa, da cui inevitabilmente discendono l’efficacia e la capacità progettuale ed operativa della macchina comunale.

           Dunque, un giovane che volesse oggi entrare in politica per nobili ragioni ideali e così accostarsi ad un partito, non saprebbe dove e a chi rivolgersi, dal momento che le sedi di partito risultano stabilmente chiuse e, di conseguenza, al loro interno non viene svolta che qualche rara attività o iniziativa. Quel poco di vitalità che i partiti dell’ultimo periodo a livello locale riescono ancora ad esprimere ruota immancabilmente intorno a pochi personaggi, essendo per l’appunto connotati da una marcata caratura personale. Se qualche eccezione è dato scorgere, essa riguarda per lo più le forze politiche di nuova formazione, come il M5S, che si trova appunto compresa in quella fase definita dal sociologo F. Alberoni “emozionale o entusiastica dello stato nascente”.

             Pertanto, una delle più vistose contraddizioni dell’attuale momento politico consiste nel fatto che i partiti politici tradizionali, sia dello schieramento di maggioranza che di quello di opposizione, che dovrebbero rappresentare il principale strumento di attuazione della democrazia, risultano in mano ad un ristrettissimo numero di persone che, facendo leva sulla loro lunga esperienza politica, risultano ormai inamovibili da questo o da quell’organismo partitico di cui fanno parte. E’ cambiata la loro stessa funzione nella società: da soggetti istituzionalmente preposti a interpretare e soddisfare i bisogni e le esigenze sociali e capaci di parlare alla gente e di generare fiducia i vecchi partiti si sono così trasformati sempre più in strutture di clientelismo e di burocraticismo, oltre che di affermazione personale.

          Oltre che di fatto inamovibile, il personale politico – fatta qualche rara eccezione – risulta sempre più inadeguato, ma, aldilà delle sue scadenti performances istituzionali, non sembra pensare ad altro che a consolidare le proprie posizioni di forza all’interno del partito di appartenenza e a continuare a lucrare, così da potere affrontare senza alcuno sforzo le costose campagne elettorali dei giorni nostri. Se la politica, nella maggior parte dei casi, risulta asservita agli interessi personali, ovvero al lucro e all’affermazione sociale di coloro che la fanno, non c’è da stupirsi più di tanto per la perdita, da parte del cittadino, della sua centralità nella vita democratica e del sempre più vasto consenso ottenuto in così breve tempo dai Pentastellati.

            Da tempo, purtroppo, accade che persone molto serie e dotate di grande senso di responsabilità considerino la politica come un’attività nella quale da sole non bastano né la buona volontà, nè  la grande onestà, in quanto per la stessa occorrono anche competenze che si ritiene non si possano né improvvisare, né far finta di possedere. Se poi si è chiamati a svolgere un compito dirigenziale a livello amministrativo, c’è bisogno di effettuare in tutta coscienza un’autoanalisi per verificare se si sia realmente in possesso dei  requisiti necessari per dirigere. Una considerazione questa che riguarda tutte le forze politiche, compreso il M5S, che non può certo continuare ad arrogarsi l’assoluta detenzione dell’onestà, nè presumere di riuscire, attraverso questa sola qualità, a governare al meglio la cosa pubblica.

            Tuttavia, l’esercizio della democrazia, ovvero la partecipazione alla vita democratica il cittadino non la effettua certo abbracciando la carriera politica; questa forma di partecipazione è senza dubbio la più elevata ed impegnativa, ma non si può pensare che la stessa possa essere intrapresa da ogni cittadino. Comunemente si esercita il diritto-dovere alla vita democratica del proprio Paese attraverso l’espressione del voto.  Entrambe le forme di partecipazione democratica richiedono, comunque, nel cittadino un certo grado d’istruzione e di informazione, nonché di senso civico, anche se proprio le classi più istruite molto spesso scelgono di allontanarsi dal voto per più di una motivazione, non ultima quella della totale perdita di fiducia nella capacità dell’attuale sistema politico di autoriformarsi, ovvero di correggere i propri difetti ed errori.

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